Il mare si stendeva inesorabile, vasto e silenzioso, mentre la prima luce dell'alba cominciava a tingere il cielo di sfumature di rosa e arancio. Elyna camminava lungo la spiaggia, il cuore pesante, come se ogni passo fosse un peso insopportabile. I suoi occhi, pieni di sogni e di sofferenza, fissavano l'orizzonte, ma nulla sembrava offrirle speranza.
D'un tratto, un passo la fece fermare. Un'ombra si avvicinava. Joanne, la sua autrice, la donna che aveva ispirato tutta la sua vita, era lì, in carne e ossa, come un miraggio che si materializzava davanti a lei. Elyna non si mosse, ma sentì il cuore battere più forte. Non sapeva cosa aspettarsi, ma una parte di lei sperava che quell'incontro potesse finalmente risolvere il nodo che le si era stretto dentro.
Joanne si fermò accanto a lei, guardando il mare. Il vento le scompigliava i capelli, ma non sembrava farle alcun effetto. Il suo volto era segnato dalla saggezza e dall'esperienza, ma c'era anche tristezza, una comprensione profonda che non aveva bisogno di parole. Quando le sue mani si sfiorarono, Elyna avvertì un'immediata sensazione di familiarità, come se avesse incontrato quella donna in un'altra vita. Ma non riusciva a capire il perché.
Joanne la guardò con curiosità prudente. Non sembrava conoscerla, eppure, c'era qualcosa di strano nell'aria, come se il destino avesse portato entrambe su quella spiaggia in quel momento preciso.
"Mi scusi, signorina," disse Joanne, la voce calma, ma con una punta di incertezza. "Posso chiederle chi è e cosa ci fa su questa spiaggia? Non credo di conoscerla."
Elyna la guardò, sorpresa da quella domanda, ma c'era anche tristezza negli occhi della donna, come se fosse una domanda che non si aspettava, ma che doveva essere fatta.
"Mi chiamo Elyna. Elyna Ravenheart." rispose, la voce bassa e tremante. "Sono... sono solo una donna che ha vissuto una vita fatta di storie, storie che mi hanno salvato, ma che ora non mi bastano più."
Joanne la studiò attentamente. Non riusciva a spiegarsi perché, ma c'era qualcosa in Elyna che la faceva sentire incredibilmente vicina. Forse era la sua tristezza, forse quel modo di parlare che sembrava così simile al suo. Ma non riusciva a dare un nome a quella sensazione.
"Hai detto di chiamarti..Ravenheart..quindi tu.."
"Non importa più chi sono.." rispose Elyna.
Joanne basita da quella scoperta, cercò di riprendersi e di rispondere a ciò che quella misteriosa ragazza aveva detto.
"Le storie sono ciò che ci tiene in vita", disse Joanne, con una dolcezza che sembrava voler toccare il cuore della giovane donna. "Lo so bene. Sono ciò che mi ha permesso di superare anche i momenti più difficili. Ma non è facile. Scrivere non è facile. Non è sempre una via d'uscita."
Elyna lo sapeva. Sapeva bene cosa voleva dire. Con quelle parole, poiché anche lei aveva trascorso anni a cercare di trovare una via di fuga nella scrittura, ma il peso del suo dolore non se ne andava mai.
"Ho sempre sperato che scrivere mi avrebbe liberata," ammise Elyna, la voce rotta. "Ma ora... ora mi sembra di essere intrappolata in un mondo che non è il mio. E la sofferenza che porto dentro non se ne va. A volte penso che sia meglio smettere, scomparire, per non farla pesare su nessun altro."
Joanne la guardò con intensità, come se stesse cercando di leggere nel profondo del suo cuore. Poi, con un sospiro, si sedette sulla sabbia accanto a lei.
"Lo capisco," disse "Capisco cosa significa sentirsi invisibile, sentire che i tuoi sogni non sono mai abbastanza, che le tue parole non sono mai abbastanza forti. Ma lascia che ti dica una cosa, Elyna."
Elyna si voltò verso di lei, cercando di capire.
"Le tue storie sono reali. Non importa se non sono lette da milioni di persone, perché quello che conta è che sono vere per te. E, forse, per qualcun altro. Le storie che scriviamo non devono salvare il mondo, devono solo essere vere."
Quelle parole le penetrarono nel cuore, ma Elyna non riusciva a liberarsi dal senso di vuoto che le attanagliava il petto. La sua mente era come un mare in tempesta, incapace di trovare pace.
"Ho vissuto la mia vita sognando di ricevere una lettera da Hogwarts, sognando che quella magia mi avrebbe tirato fuori dalla mia solitudine. Ma Hogwarts non è mai venuta per me," disse, con un tono che sembrava stanco, quasi rassegnato. "La verità è che ho sempre creduto che le storie potessero darmi una via d'uscita. Ma non è così. Le storie non possono fermare il dolore che ho dentro."
Joanne si alzò, guardando Elyna con una tristezza che non riusciva a nascondere. Sapeva che non poteva darle la felicità che cercava, che non c'era nulla che potesse fare per salvarla.
"Tu non sei sola," disse infine, cercando di consolarla. "Ogni parola che scrivi è un pezzo di te, e ogni pezzo di te è importante. Non devi fare finta che tutto vada bene, ma sappi che hai il potere di cambiare le cose, non solo per te stessa, ma per gli altri. Ogni parola che scrivi è un gesto di resistenza."
Ma Elyna, ancora una volta, non sembrava ascoltare. Il mare si infrangeva con forza sulla riva, e la sua mente era ormai lontana da tutto, immersa in un pensiero che non riusciva a fermare.
"Non so più come andare avanti," mormorò, guardando il mare che si estendeva davanti a lei. "Le storie non bastano più, non basta più sognare."
Joanne si avvicinò, posandole una mano sulla spalla.
"Non devi farlo da sola," sussurrò. "Continua a scrivere, Elyna. Per te stessa. Per chiunque altro ne abbia bisogno. Non arrenderti."
Elyna si alzò lentamente, il volto stravolto da una tristezza profonda, ma anche da una sorta di pace che sembrava accompagnarla nei suoi ultimi passi. Guardò Joanne per un lungo momento, poi si voltò, e cominciò a camminare verso il mare.
"Devo andare. Non posso continuare così. La mia sofferenza è troppo grande. Ma sappi che... che vivrò nei tuoi racconti, perché per me, quella è stata l'unica magia che sia mai esistita."
Joanne si alzò di scatto, cercando di fermarla.
"Elyna!" chiamò, ma Elyna non si voltò. "Non farlo!"
Elyna continuò a camminare, ogni passo la portava più lontano, più vicina al mare. Joenne la seguì con lo sguardo, l'angoscia che le saliva nel petto, ma nulla sembrava fermarla.
Quando Elyna arrivò alla riva, il mare la accolse come una carezza finale. Le onde la avvolsero e lei scomparve nell’acqua, lasciando Joanne senza fiato, senza parole, senza una spiegazione. La guardò con il cuore in gola, ma non riuscì a raggiungerla in tempo.
Il silenzio riempiva la spiaggia, solo il suono delle onde a rispondere all’eco dei suoi pensieri. Joanne rimase immobile, in piedi, mentre l'alba continuava a tingere il cielo di luce, portando con sé il vuoto che aveva lasciato Elyna.
Poi, come se la rivelazione avesse scosso il suo cuore, capì. Guardando il mare, riconobbe, nell’ultimo sguardo di Elyna, quello stesso tormento che aveva letto negli occhi di Priscilla. Era come se il dolore e la solitudine di Priscilla, non solo come personaggio, ma come parte di lei stessa, avessero preso forma in Elyna.
Elyna era l’incarnazione del rancore di Priscilla, la cui sofferenza per il poco spazio che le era stato dato nella saga si era trasformata in un personaggio che non aveva mai trovato pace.
Ora, quando la guardava sparire nel mare, Joanne non sapeva più se fosse un bene o un male che quel personaggio non esistesse più. Elyna, la rappresentazione vivente del dolore di Priscilla, aveva trovato la sua fine in quel mare, ma il suo sacrificio la rendeva quasi una divinità, una figura che aveva toccato l'infinito per poi scomparire, come se non fosse mai esistita.
Joanne sentiva una stretta al cuore, un peso che non riusciva a sollevare. Non c'era alcuna risposta, solo il suono delle onde che si infrangevano contro la riva. "Forse non avrei dovuto crearla," pensò, ma nel profondo sapeva che quella scelta faceva parte di un destino che non poteva controllare.
Elyna, più di qualsiasi altro personaggio, aveva raggiunto un punto di connessione profonda con lei, e ora, scomparsa nel mare, lasciava un vuoto impossibile da colmare. Ma in quel momento, capì che la sua creazione, pur nella sua sofferenza, aveva avuto un significato che nessuna parola avrebbe potuto esprimere. Elyna e Priscilla, entrambe, ora erano libere, in un modo che solo loro potevano comprendere.