Harry era seduto nella penombra del dormitorio di Grifondoro, gli occhi fissi su una pagina ingiallita e sbiadita del libro di Pozioni del Principe Mezzosangue. Aveva passato ore a studiarlo, tra annotazioni e formule inventate, e ormai aveva quasi l’impressione di conoscere il misterioso Principe come un amico. Ma quella notte, tra le ricette annotate in una calligrafia inclinata, trovò qualcosa di diverso.
“Pozione della Rivelazione. Permette di vedere ciò che è celato, di svelare verità dimenticate.”
Harry alzò le sopracciglia. Non aveva mai visto una formula come quella nel suo corso di Pozioni, e l'idea di scoprire segreti lo incuriosì all’istante. Senza pensarci troppo, iniziò a prepararla. Gli ingredienti erano strani, complessi, e quando la pozione finì di ribollire, il liquido assumeva un colore argenteo, quasi come un sogno in bottiglia.
Senza esitare, Harry bevve un sorso.
Improvvisamente tutto attorno a lui si fece indistinto. La torre di Grifondoro si dissolse come nebbia al sole, e lui sentì il terreno mancare sotto i piedi. Poi, come per magia, si ritrovò in una stanza che non aveva mai visto prima. Non era la scuola, né alcun luogo magico. Davanti a lui, in una luce soffusa e calda, una donna era seduta a un tavolo, intenta a scrivere su una pila di fogli ingombranti. Aveva capelli scuri, un’espressione concentrata e, mentre scriveva, mormorava parole in un sussurro.
Harry avanzò di qualche passo, incerto. Sentiva un misto di confusione e inquietudine.
“Scusami…” disse, con voce roca.
La donna alzò lo sguardo e, in quel momento, Harry sentì un brivido. Quegli occhi sembravano conoscerlo, ma di una conoscenza più profonda di qualunque amico, più intima della stessa sua anima.
“Harry,” disse la donna, con una dolcezza incredibile, quasi un rimpianto nella voce.
Harry sgranò gli occhi. “Mi conosci? Ma... chi sei?”
Lei sorrise e mise da parte la penna, guardandolo con un'espressione mista di affetto e tristezza. “Mi chiamo Joanne. Ho conosciuto la tua storia... perché l’ho raccontata io.”
Harry aggrottò le sopracciglia, confuso. “Non capisco. Raccontato? Sei... una strega?”
“Non proprio, Harry. Sono una narratrice, una scrittrice. Ho seguito ogni momento della tua vita e l’ho trascritto, da quando hai ricevuto la tua lettera per Hogwarts fino a questo momento.”
“Tu… tu conosci la mia vita?” chiese Harry, incredulo, un senso di rabbia che cominciava a farsi strada nella sua voce. “Sai cosa ho passato?”
“Harry, ho visto tutto,” rispose Joanne, e nei suoi occhi c'era una profondità che parlava di un dolore condiviso. “Ho seguito i tuoi passi, il tuo coraggio. Sì, so delle tue perdite, della tua solitudine, e dei sacrifici che hai dovuto affrontare.”
Harry serrò i pugni. “Allora perché hai lasciato che accadesse? Perché… perché non hai fatto qualcosa? Perché dovevo perdere Sirius, Cedric, i miei genitori? Perché dovevo soffrire così tanto?”
J.K. abbassò lo sguardo, visibilmente scossa. “Harry, io ti capisco più di quanto immagini. Ma ho visto in te un eroe, uno capace di affrontare le ombre con una forza che nessun altro possiede. Le tue perdite... sono parte della tua crescita. Sono scelte difficili, ma necessarie.”
Harry si sedette, sentendo un nodo in gola. “Non capisco come tu possa dire che sia necessario. Non avrei mai voluto essere un eroe. Ho solo… io volevo solo una vita normale.”
“E proprio per questo,” replicò lei, con dolcezza, “sei diventato l’eroe che il mondo magico aspettava. Perché non lo hai scelto, ma lo hai accettato. E credimi, Harry, l’amore che provi per le persone che hai perso è anche la tua forza più grande.”
Harry scosse la testa, frustrato. “Ma... perché l’amore? Perché deve sempre trattarsi dell’amore? È una parola così vaga… cosa vuol dire? Perché è così importante?”
Joanne sorrise, come se avesse sentito quella domanda mille volte. “L'amore è l’unica forza capace di creare e distruggere, Harry. La tua stessa vita ne è una dimostrazione. L’amore di tua madre ti ha protetto, l’amicizia dei tuoi compagni ti ha sostenuto, e l’amore per il bene ti ha guidato. Persino Voldemort, con la sua ossessione, è stato condizionato dall’amore... anche se lo ha respinto.”
Harry rimase in silenzio per un lungo momento. “Cosa vuoi dire? Che l’amore è anche... odio?”
Lei annuì. “Sono due facce della stessa medaglia, Harry. Quando ami qualcosa, lo proteggi con tutto te stesso. Ma quando il dolore e la perdita si intrecciano all’amore, ecco che nasce l’odio. Anche Voldemort è stato spinto dall’amore: quello mancato, quello spezzato, che si è trasformato in rabbia.”
Harry si passò una mano tra i capelli, cercando di afferrare ogni parola. “E io cosa dovrei fare? Cosa significa tutto questo per me?”
Joanne si alzò, avvicinandosi a lui, posando una mano leggera sulla sua spalla. “Significa che la tua forza, Harry, non viene solo dalle tue abilità, ma dal tuo cuore. Devi affrontare altre sfide, ma non dimenticare mai perché stai lottando. Lascia che il tuo amore sia una guida, non un peso.”
“Perché?” chiese Harry, con un tono quasi disperato. “Perché tutto questo... non può finire bene?”
“Non posso dirti come andrà a finire, Harry,” disse lei, con una tristezza che gli fece capire che conosceva la risposta. “Ma sappi che ogni scelta che farai avrà un significato profondo. E non sarai mai solo, anche quando ti sentirai così.”
In quel momento, tutto attorno a loro iniziò a dissolversi. Harry provò un’impennata di panico. “Aspetta, cosa sta succedendo? Non voglio… voglio capire di più!”
Joanne sorrise, mentre la sua figura iniziava a sfumare. “Porterai questa consapevolezza con te, anche se non la ricorderai. La sentirai nel profondo, e ti guiderà quando ne avrai più bisogno.”
E con un ultimo sorriso enigmatico, la stanza sparì. Harry si ritrovò di nuovo nel dormitorio, con il libro del Principe Mezzosangue ancora aperto davanti a lui. La pozione era svanita, come se non fosse mai esistita.
Lui rimase lì, con una sensazione strana, come se avesse dimenticato un sogno importante. Ma avvertiva anche una nuova forza, un calore sottile che sembrava irradiarsi dal suo cuore.
Aveva trovato qualcosa, o forse era semplicemente un ricordo nascosto dentro di lui, ma sentiva una nuova volontà, una sicurezza che prima non aveva mai provato. E mentre lasciava il libro e si allontanava, sapeva solo una cosa: avrebbe continuato a lottare, non per vendetta o dovere, ma per proteggere chi amava e onorare la memoria di coloro che lo avevano fatto diventare l'uomo che era.
Joanne aprì gli occhi, ancora immersa nella penombra della sua camera. Il libro e la penna giacevano al suo fianco sul tavolo, come li aveva lasciati la sera prima, eppure si sentiva strana, come se avesse attraversato un confine invisibile e fosse tornata da un viaggio impossibile. Il suo cuore batteva forte, e le mani tremavano lievemente mentre si sfiorava il viso, come per assicurarsi di essere davvero lì, sveglia, nel suo mondo.
Nelle prime luci dell'alba, la stanza era così quieta che poteva quasi sentire il rumore del proprio respiro. Si chiese se tutto ciò che aveva visto – o creduto di vedere – fosse stato un sogno. Ma i dettagli erano così vividi: quegli occhi verdi e feriti, quella sua espressione vulnerabile, le domande urgenti che le aveva posto, e quel silenzio, colmo di aspettative, che aveva avvertito nel profondo.
“Non può essere stato un sogno,” sussurrò, toccandosi la fronte come per scacciare le immagini che continuavano a riaffiorare.
Si alzò lentamente, dirigendosi verso il tavolo dove era rimasto il suo manoscritto. Le sue dita passarono sulle pagine come se stessero cercando qualcosa di indefinito, una traccia, un segno che Harry fosse stato davvero lì. Ma non c'era nulla di diverso, solo l’ultimo capitolo che stava scrivendo, la conclusione del viaggio di Harry, il ragazzo che aveva creato anni prima e che ora sembrava quasi avere vita propria.
Non riusciva a togliersi dalla mente una domanda. In quella dimensione tra realtà e immaginazione, Harry le aveva chiesto perché. Perché il dolore, perché le perdite, perché le sfide. E lei aveva cercato di rispondere, ma la verità è che non aveva tutte le risposte. O forse non le aveva mai comprese fino in fondo. Joanne si sentiva pervasa da una sorta di struggimento che non aveva mai provato mentre scriveva.
Forse c'era qualcosa che doveva ancora capire, non solo come scrittrice, ma come persona.
Prese la penna, riaprì il manoscritto e fissò la pagina bianca, la scena finale che ancora doveva essere scritta. Ma le parole non volevano venire. Come poteva concludere quella storia, sapendo quanto sarebbe costato a Harry? Aveva visto il peso delle sue scelte, aveva sentito la sofferenza nelle sue parole. Se solo avesse potuto cambiare qualcosa, se solo potesse lenire, anche solo un po’, il peso che portava sulle spalle…
Ma sapeva che non avrebbe cambiato nulla. Non era giusto: Harry aveva bisogno di compiere quel viaggio, di attraversare ogni dolore e ogni lotta per diventare l’eroe che doveva essere. Era il suo destino, il sacrificio che ogni eroe accetta, la fiamma che illumina il cammino degli altri. Con un respiro profondo, Joanne sentì un senso di calma sovrapporsi a quel dolore, come un velo che si solleva, rivelando qualcosa di nuovo.
Forse Harry non avrebbe mai saputo quanto, in fondo, lei stessa avesse sofferto per lui. Ma forse non importava: quella sofferenza, quel sacrificio, erano parte di qualcosa di più grande. E sapeva che, nonostante tutto, Harry non sarebbe stato solo. Aveva qualcosa che gli avrebbe sempre dato forza: l'amore, l’unica magia più forte di tutte le altre, l'unico incantesimo che non aveva bisogno di parole.
Joanne sorrise tra le lacrime, chiuse il libro e sussurrò, “Grazie, Harry.”