Alastor Moody, un giovane Auror, si trovava in una taverna solitaria, con i piedi appoggiati su una sedia e lo sguardo fisso nel vuoto. I suoi capelli castani, ancora folti e non grigi, gli ricadevano sulla fronte, ma non nascondevano del tutto il suo sguardo intenso e determinato. La sua giovane età non tradiva la sua esperienza. A soli ventiquattro anni, Alastor era già uno dei più promettenti Auror del Ministero, un talento grezzo, ma estremamente capace. In quella taverna sperduta, al termine di una missione, attendeva l'arrivo di un altro cacciatore di oscurità: il suo mentore, un veterano dei dipartimenti della magia oscura, ma che ora era giunto al tramonto della sua carriera. Anche se ancora giovane e un po' acerbo, Alastor si sentiva pronto per qualsiasi sfida, tanto da non temere nulla, neppure il pericolo che quella missione poteva portare. Si trattava di una notte come tante altre, ma quella volta qualcosa di grande stava per accadere, qualcosa che avrebbe cambiato il corso della sua vita.
Pochi istanti dopo, il mentore fece il suo ingresso nella taverna. L’uomo, più vecchio e segnato dal tempo, si avvicinò con il passo incerto, ma ancora con la forza di chi aveva combattuto le battaglie più dure. Sedette di fronte al giovane Auror e, dopo un breve scambio di parole, gli indicò la strada per una missione che avrebbe richiesto tutte le sue capacità.
Non passò molto prima che Alastor venisse chiamato in una riunione urgente. Qualche ora dopo si ritrovò faccia a faccia con Albus Silente, il suo ex professore ad Hogwarts, il famoso mago di cui aveva sentito parlare in lungo e in largo durante gli anni a scuola. Silente, sebbene non fosse mai stato un Auror, aveva un'aria imponente che Alastor non poteva ignorare. Si scambiarono qualche parola di cortesia prima che Silente, con un sorriso saggio e un po’ enigmatico, parlasse direttamente al giovane Auror.
"Ti hanno assegnato un compito difficile, giovane Moody. So che sei pronto, ma ricorda, la vera forza non risiede solo nella magia, ma anche nella tua capacità di leggere la situazione, di vedere oltre le apparenze," disse Silente con voce calma, ma ferma.
Alastor annuì con rispetto, ma la sua mente era già al compito che avrebbe dovuto affrontare. "Lo farò, professore," rispose, il tono di sfida ancora presente nella sua voce.
Silente lo scrutò per un momento, come se stesse cercando di capire fino in fondo il giovane Auror che aveva davanti. "Il potere da solo non basta mai, Alastor. È il cuore che guida l'uso della magia. Non dimenticarlo mai."
Quel momento, apparentemente breve, segnò l'inizio di una solida amicizia tra Alastor e Silente, un rapporto che sarebbe cresciuto nel tempo, dando forma a quello che Alastor sarebbe diventato. Non si sarebbe mai dimenticato di quell'incontro, né del messaggio che Silente gli aveva lasciato: il cuore, più della bacchetta, sarebbe stato il vero strumento da usare.
Erano passati anni da quando Alastor Moody aveva incontrato Silente. La sua carriera da Auror aveva raggiunto vette straordinarie. Nessun mago oscuro, nessuna minaccia sembrava poter resistere alla sua potenza e alla sua determinazione. Ogni missione era per lui un campo di battaglia in cui la sua esperienza, le sue capacità e, soprattutto, il suo fiuto per il pericolo, lo rendevano imbattibile. Tuttavia, un vuoto dentro di sé cominciò a crescere, una solitudine che non riusciva a colmare, nonostante fosse circondato da colleghi, amici e alleati.
Alastor non riusciva più a fidarsi di nessuno. Le cicatrici, sia fisiche che emotive, si stavano accumulando, e ogni volta che si guardava allo specchio, il suo riflesso non sembrava più quello del giovane e intraprendente Auror che aveva iniziato la sua carriera. La faccia severa, il corpo ormai segnato dalla battaglia, gli occhi spenti e penetranti, tutto parlava di un uomo che aveva visto troppo, che aveva perduto troppo, e che aveva imparato, a sue spese, a diffidare di ogni ombra.
Fu durante una missione particolarmente difficile, in cui lui e il suo compagno, un giovane e promettente Auror di nome Jonathan Crowe, avevano dovuto infiltrarsi in una base dei Mangiamorte, che accadde qualcosa che segnò per sempre la vita di Alastor. Jonathan, un mago dall’aspetto giovanile e dai capelli chiari, con occhi azzurri pieni di speranza e di ambizione, era sempre stato uno dei suoi più stretti collaboratori. Inizialmente, Alastor lo aveva visto come un possibile futuro eroe, un giovane che, come lui, avrebbe combattuto senza esitazioni contro il male. Eppure, quella notte, Jonathan tradì tutto ciò che Alastor credeva fosse giusto.
Erano riusciti a infiltrarsi senza farsi notare. Le informazioni che avevano raccolto erano vitali, e il piano di Alastor era quasi completo. Ma proprio quando tutto sembrava filare liscio, quando stavano per lasciare la base, Jonathan aveva lanciato una magia potente e inaspettata, facendo esplodere una delle stanze segrete dove erano custoditi gli oggetti dei Mangiamorte. In quel momento, tutto cambiò. La tensione si fece palpabile, il pericolo era imminente, e Alastor capì subito che qualcosa non andava.
“Jonathan!” gridò, ma il giovane, con un sorriso beffardo, lo ignorò. In un attimo, il legame di fiducia che avevano costruito si spezzò. Jonathan era uno di loro, ma ora non c’era più niente che li legasse.
Fu lì che, come un lampo nel buio, Alastor sentì una voce fredda e penetrante. Voldemort. Era arrivato. Il Signore Oscuro, che aveva seguito con interesse le gesta di Alastor, ormai lo conosceva troppo bene. Lo aveva visto infliggere colpi devastanti ai suoi seguaci, e per anni lo aveva osservato, sperando che una simile potenza potesse diventare sua alleata.
“Alastor Moody,” disse la voce, sinistra e affilata. “Non sono sorpreso che tu sia qui. Sei un uomo incredibile, uno dei più abili che abbia mai affrontato i miei seguaci. Perché non unire le nostre forze? Con te al mio fianco, nulla potrebbe fermarmi. Potresti finalmente ottenere il rispetto che meriti. Vieni da me.”
Alastor lo guardò, i suoi occhi erano pieni di disprezzo. Non c’era niente che avrebbe potuto convincerlo. Non avrebbe mai accettato il potere di un uomo come lui, che distruggeva la vita degli innocenti per puro divertimento.
“No,” rispose fermamente, le mani pronte a scattare verso la sua bacchetta. “Non sarò mai come te.”
Voldemort rise, la risata bassa e disturbante, come il suono di una serpe che sibilava nell’ombra. Il suo volto si avvicinò, quasi a sfiorare Alastor, ma un istante prima che potesse lanciare un incantesimo, Alastor estrasse la sua bacchetta e lanciò un colpo fulmineo. Una battaglia feroce esplose. Magia oscura e magia protettiva si scontravano, l’aria intorno a loro vibrava e le mura della base crollavano sotto il peso dei colpi. Alastor, accecato dalla rabbia e dal rifiuto, combatteva con furia. Non avrebbe mai tradito i suoi principi, nemmeno di fronte a una forza come quella di Voldemort.
Ma mentre la lotta infuriava, un altro rumore si fece strada nella stanza. Altri Auror erano arrivati, finalmente. Il colpo di scena fu rapido. Voldemort, vedendo il pericolo imminente, scomparve in un istante come un'ombra sibilante, lasciando Alastor in mezzo al caos. Jonathan era sparito nel nulla, e Alastor, da solo, rimase per un lungo istante a fissare il vuoto dove il Signore Oscuro era stato.
Fu allora che si rese conto di cosa fosse veramente successo. Il tradimento di Jonathan, il tentativo di Voldemort di reclutarlo, il rifiuto totale di Alastor: quel momento segnò definitivamente il suo cuore e la sua mente. Da quel giorno, non si sarebbe mai più fidato di nessuno. Era nato "Malocchio". Una nuova maschera, una corazza di paranoia che non avrebbe mai più lasciato il suo spirito.
L'aria di quel giorno era pesante, densa come una nebbia impenetrabile che avvolgeva tutto. Alastor Moody si trovava nell'ufficio del Ministero della Magia, ma la sua mente non era lì. La sua mente era in un'altra parte del mondo, più precisamente nella stanza buia in cui i Longbottom erano stati torturati. Aveva visto i segni della Maledizione Cruciatus sulla pelle di Frank e Alice, i loro corpi martoriati, la loro mente spezzata dalla sofferenza. Ogni grido di dolore li aveva segnati indelebilmente, e ogni sguardo di fragilità che gli aveva lanciato gli perforava il cuore come una lancia. Non riusciva più a guardare quell'inferno senza farsi delle domande.
Da quel giorno, Alastor si era convinto che il Ministero non fosse forte abbastanza per fermare la malvagità che si stava diffondendo. Ogni volta che si alzava al mattino, sapeva che avrebbero dovuto affrontare la morte e l'oscurità. Ma, di fronte alla corruzione, ai tradimenti e alle perdite che aveva subìto, la speranza cominciava a svanire. Ogni volta che pensava a come aveva visto alleati morire sul campo di battaglia, la rabbia si faceva strada nel suo cuore. Quella sensazione di impotenza lo perseguitava, costringendolo a fare qualcosa che non aveva mai pensato di fare prima: lasciare.
Non se lo sarebbe mai perdonato, ma l'ennesimo tradimento di un amico lo costrinse ad agire. Jack Fenwick era stato il suo partner in molte missioni, l'uomo su cui Alastor aveva costruito la propria fiducia, un compagno leale. Ma quando si scoprì che Jack stava lavorando con i Mangiamorte, che aveva tradito la loro causa per allearsi con Voldemort, Alastor non ebbe scelta. La scoperta fu scioccante, ma ancor di più fu l'incontro che ne seguì.
Era stato un sabato mattina, durante un'operazione per catturare i seguaci del Signore Oscuro. Alastor e Jack erano entrati in un vecchio rifugio dei Mangiamorte, convinti di sorprendere uno dei capi. Ma, quando Jack aveva fatto un passo indietro, il volto di Alastor era stato colpito dalla verità. Il suo amico, suo fratello di battaglia, stava sorridendo in modo sinistro, mentre dietro di lui si ergeva la figura imponente di Bellatrix Lestrange. La stanza si era fatta silenziosa, come se il tempo si fosse fermato. Alastor non aveva avuto nemmeno il tempo di reagire. Jack lo aveva colpito alle spalle con una maledizione, ma lui si era immediatamente rialzato, combattendo con furia cieca. La battaglia era stata breve ma devastante.
Alla fine, era stato lui a prevalere. Con la sua magia e la sua esperienza, Alastor aveva messo fuori combattimento Fenwick, ma la parte più difficile era arrivata subito dopo. Bellatrix, che non aveva mai mostrato alcuna pietà, lo aveva fissato con occhi pieni di odio. Ma Alastor, accecato dalla rabbia, aveva stretto la bacchetta, pronto a fare ciò che era necessario. Purtroppo, la situazione sfuggì di mano. Prima che potesse finire la lotta, i rinforzi arrivarono. L'Ordine della Fenice era intervenuto, ma il danno era già fatto. Fenwick e gli altri Mangiamorte vennero arrestati, ma la verità era che quella vittoria non si sentiva come tale.
Alastor Moody non era più lo stesso uomo. Non c'era più quella passione di un tempo, quella voglia di combattere per il bene della giustizia. Si sentiva stanco, logorato. Le perdite che aveva visto negli anni si erano accumulate, e l'idea che una sola battaglia potesse fermare Voldemort sembrava più una chimera che una realtà. Le cicatrici psicologiche che portava con sé non erano visibili, ma erano più dolorose di quelle fisiche. Lo strazio di aver visto tanti amici e colleghi soccombere, il tradimento di Fenwick, l'orrore di dover affrontare Bellatrix e gli altri... tutto questo l'aveva cambiato.
Non riusciva più a sopportare le politiche del Ministero, il loro disinteresse e la continua incapacità di fermare la minaccia. L'idea che la giustizia fosse solo una forma di controllo gli sembrava ormai un'illusione. Fu così che decise di lasciare.
Abbandonò il Ministero della Magia, la sua bacchetta più che mai diventata il simbolo di un mondo che non capiva più. Alastor si ritirò nella solitudine, lontano dai riflettori, ma con un nuovo soprannome che gli venne attribuito dai suoi vecchi colleghi: "Malocchio". Un nome che non gli piaceva, ma che descriveva perfettamente la sua nuova natura. La sua paranoia lo rendeva diffidente verso chiunque, incapace di fidarsi di nuovi alleati, nuovi compagni di battaglia. Il giovane audace che un tempo aveva combattuto con una determinazione senza pari era ora un uomo segnato, pronto a vivere nell'ombra, nel tormento di una guerra che non sembrava mai finire.
Il tradimento di Fenwick, la sua rottura con il Ministero e la lotta senza fine contro il male avevano trasformato Alastor Moody in qualcosa di più di un semplice auror: un uomo che non avrebbe mai più potuto essere il "vecchio Alastor", ma che avrebbe continuato a lottare, anche se con un cuore spezzato, e sempre, per sempre, sospettoso e diffidente.