Molto tempo prima che i maghi e le streghe conoscessero la magia come la vediamo oggi, esisteva un uomo che non aveva bisogno di impararla, perché essa era parte di lui. Non si sa da dove venisse, né come fosse apparso, ma la sua presenza sulla Terra cambiò il corso della storia. Il suo nome era Eldras.
La sua nascita non fu un evento che fu celebrato dai suoi contemporanei, ma un miracolo. Era venuto al mondo come un'esplosione di energia, la sua essenza magnetica e potente che emetteva scintille di pura magia. Non aveva bisogno di bacchette né incantesimi, poiché ogni suo gesto era un incantesimo a sé stante. La sua esistenza stessa era magia.
Eldras camminava per le terre desolate senza mai fermarsi, e dove i suoi piedi toccavano il suolo, la vita sbocciava. Foreste rigogliose crebbero dal nulla, fiumi interi si formarono dal vento, e le montagne, spazzate dalla sua forza, si innalzarono come colossi dalla pianura. La terra che calpestava tremava al suo passaggio, e il cielo stesso sembrava adattarsi alla sua volontà. Ogni atto che compiva era un miracolo, un dono del cielo e della terra, un segno che la magia, per la prima volta, esisteva.
Non aveva nessuna spiegazione da offrire sul perché fosse così, o sul come fosse possibile. Eldras non aveva bisogno di giustificare la sua esistenza: la sua stessa presenza era la risposta. Quando parlava, la sua voce risuonava come un’eco nelle valli, e le sue parole sembravano farsi realtà davanti agli occhi di chi lo ascoltava. Non c'erano leggi che limitassero i suoi poteri, perché la sua magia non conosceva né regole né confini. Il suo potere era assoluto, puro, eppure, stranamente, gentile.
Le persone che lo incontrarono furono stupite. Non capivano chi fosse, né da dove venisse, ma gli attribuivano un’aura divina. Ogni popolo che incontrava lo venerava, cercando di interpretare i suoi poteri con le loro credenze. Per gli egiziani era Ra, il dio del sole; per i greci era Zeus, il signore degli dei. Per i romani, era Giove. Ogni nazione aveva il proprio nome per lui, ma tutti riconoscevano una cosa: Eldras era un essere che trascendeva il mondo come lo conoscevano. Era il primo vero mago, e la sua magia sembrava provenire da un’altra dimensione, da un altro regno di esistenza.
In un periodo in cui la magia non era ancora conosciuta dai popoli, Eldras fece crescere le città, alzò mura impossibili e scolpì statue che nessun altro avrebbe mai potuto fare. Le sue mani erano come le mani degli dei, e ciò che creava resisteva alla prova del tempo, anche dopo secoli. I suoi edifici erano costruiti con una precisione tale che anche oggi, nei luoghi più remoti, si possono ancora vedere rovine che portano il suo marchio.
Con il passare dei secoli, Eldras non divenne solo una figura di venerazione, ma anche un mito. La sua leggenda era raccontata da generazione in generazione. La sua magia fu osservata da maghi che, seppur non riuscendo a eguagliarlo, cercavano di replicare i suoi miracoli. Tuttavia, la sua magia non era qualcosa che si poteva imparare: era una forza innata, un dono che non avrebbe mai potuto essere replicato.
Con il tempo, altri individui cominciarono a manifestare poteri magici, ma erano solo ombre di ciò che Eldras aveva rappresentato. Questi nuovi maghi avevano una magia più debole, limitata dalla loro capacità di comprendere e manipolare il potere che non avevano creato. La loro magia non poteva alterare la realtà come quella di Eldras; non era altro che una distorsione della sua potenza originaria.
Eldras, però, non si preoccupò di ciò. Il suo scopo non era la maestria della magia, ma l’armonia del mondo. Egli non aveva bisogno di imitatori o di discepoli. La sua opera era completa. Tuttavia, man mano che il tempo passava, iniziò a sentirsi estraneo in un mondo che cambiava. La sua magia, che un tempo aveva nutrito la terra e gli esseri viventi, ora sembrava essere fonte di paura e invidia.
Le città che aveva costruito, i monumenti che aveva eretto, ora cominciavano a essere viste come simboli di potere assoluto. Le generazioni future non vedevano più in lui un benevolo benefattore, ma una figura misteriosa e pericolosa, qualcuno da temere. Nonostante tutto ciò, Eldras non rispose mai con violenza. Si limitò a osservare, distaccato, il lento declino dell'umanità e la corruzione della sua magia.
Dopo secoli di creazioni mirabili e gesti eroici, Eldras sparì dalla vista dei mortali, lasciando dietro di sé solo le leggende e i racconti di chi lo aveva incontrato. Si dice che si sia ritirato in una zona remota del mondo, per osservare da lontano, senza mai più interferire nei destini degli uomini. Non morì, non scomparve, semplicemente… se ne andò.
Eldras rimase un mito, un'ombra nel cuore delle leggende, e non esisteva uomo o mago che potesse dire di averlo conosciuto veramente. La sua magia, purtroppo, non si riprodusse più. La forza che l'aveva guidato si estinse gradualmente, e la magia che ora permeava il mondo era solo una fragile imitazione di quella che Eldras aveva incarnato.
Ma, in qualche angolo remoto del mondo, forse la sua eredità non è ancora del tutto finita.
Nei secoli successivi alla scomparsa di Eldras, la sua leggenda non fece altro che crescere. Ogni cultura, ogni popolo, custodiva le sue storie, i suoi miracoli, ma nessuno sembrava riuscire a comprendere appieno il significato del suo potere. Le magie che Eldras aveva plasmato, la potenza che aveva esercitato nel mondo, erano diventate solo frammenti di un mito antico, ammantato di mistero. Eppure, in qualche luogo, in qualche momento del tempo, il sangue di Eldras continuò a scorrere.
La magia che lui aveva incarnato non era mai stata veramente dimenticata, anche se ridotta a piccole scintille. Ogni tanto, qualcuno, una persona dal cuore puro e dallo spirito forte, sembrava evocare, senza saperlo, l'eredità di Eldras. Ma queste scintille di magia non raggiungevano mai la sua grandezza. Ogni successore sembrava destinato a essere solo un'ombra di quel primo, leggendario mago.
Un nome, però, risuonava tra le pieghe del tempo come un'eco, e con esso veniva una promessa che pochi avevano osato comprendere: Albus Silente. Un mago dai poteri straordinari, la cui magia sembrava andare oltre ogni limite conosciuto. La sua capacità di manipolare la morte, di proteggere e di curare, di scorgere la verità nei cuori degli uomini, lo rendeva un individuo unico. Ma, come sempre accade con le leggende, c'era qualcosa di più che lo rendeva speciale, e i segreti legati alla sua discendenza non erano mai stati rivelati.
Nella quiete della sua residenza, Albus Silente si trovava spesso perso nei suoi pensieri. La sua mente si rifletteva su ciò che aveva costruito: Hogwarts, la battaglia contro il male, la lotta contro il Signore Oscuro. Ma, nonostante la sua grandezza, un'ombra di inquietudine aleggiava su di lui, una sensazione di incompleto, un'eco di qualcosa che non poteva completamente comprendere. Si chiedeva spesso da dove provenisse il suo potere straordinario. C'era qualcosa in lui, un legame profondo, che sembrava collegarlo a una forza antica, una forza che non apparteneva a questo mondo.
Una notte, mentre il cielo si tingeva di un blu profondo e misterioso, Albus decise di affrontare il suo destino. Scese in una delle sale più segrete di Hogwarts, una stanza che solo lui conosceva, e lì trovò ciò che stava cercando: un vecchio libro polveroso, scritto in un linguaggio che solo pochi erano in grado di comprendere. Le pagine raccontavano la storia di un uomo che aveva cambiato il corso del mondo, che aveva modellato la magia in forme che gli altri non avrebbero mai potuto concepire.
Il libro parlava di Eldras, del suo potere che aveva creato e distrutto interi imperi, delle sue meraviglie e dei suoi monumenti. E lì, tra le righe, una rivelazione: "Eldras non è morto. Il suo sangue scorre ancora, e ogni volta che la magia è pura, quella forza risorge in un discendente, nascosto nel cuore del mondo." Il nome di Eldras era stato dimenticato da secoli, ma la sua discendenza non era mai venuta meno.
Albus sentì il peso di quelle parole risuonare nel suo cuore, e improvvisamente capì. Il suo legame con la magia, la sua straordinaria potenza, non era solo il frutto degli anni di studio e delle sue straordinarie doti: era il sangue che scorreva nelle sue vene. Lui, Albus Silente, era un discendente diretto di Eldras.
Il sangue di Eldras, che per secoli era rimasto dormiente, si era risvegliato. La potenza che Albus possedeva non era frutto solo delle sue abilità, ma di un'eredità che risaliva ai primordi della magia. Silente non era solo un mago eccezionale; era l'erede di una forza che aveva plasmato il mondo stesso.
La consapevolezza di essere il discendente di Eldras gli aprì gli occhi su molte cose. La sua magia, che sembrava senza confini, non era altro che il riflesso di una potenza più grande di lui, una forza che non avrebbe mai potuto davvero comprendere o controllare. Per quanto potesse essere potente, Albus Silente non era il vero padrone della magia: quella magia era nata da un uomo che era più di un mago. Era un dio, un essere che aveva visto e creato la magia in tutte le sue forme, e che aveva lasciato il suo segno nel sangue di ogni mago che sarebbe venuto dopo di lui.
In quel momento, Silente comprese la sua vera missione: non dominare la magia, ma proteggerla, custodirla, evitare che il mondo corresse il rischio di distruggere il fragile equilibrio che Eldras aveva creato. La corruzione che aveva visto negli uomini, nei maghi e nelle streghe, non era altro che una perversione della sua eredità. Doveva impedire che la magia venisse usata per il male, come Eldras aveva fatto secoli prima.
Con il cuore gravato da questa consapevolezza, Albus Silente ripose il libro nel suo ripostiglio segreto e guardò il cielo stellato dalla finestra del suo ufficio. Le stelle sembravano brillare con un'intensità nuova, come se il legame tra lui e l'universo fosse stato finalmente rivelato. Era più di un semplice mago. Era il discendente di una forza che aveva cambiato il corso del tempo. E forse, un giorno, sarebbe stato anche lui ricordato come una leggenda.
In quel momento, però, Albus sapeva che il suo destino non si sarebbe mai compiuto completamente. Era solo un frammento di una storia più grande, e la magia, come aveva fatto per secoli, continuava a vivere, silenziosa e potente, nel sangue dei suoi discendenti.
Dopo Eldras, la magia dei maghi si diffuse nel mondo, ma nessuno mai riuscì a raggiungere il suo livello di potenza. Le sue meraviglie, le sue città e i suoi monumenti rimasero impresse nei cuori di chi aveva avuto la fortuna di assistere alla sua grandezza. Tuttavia, mentre la sua eredità veniva celebrata, il mondo si trasformava, e la magia, pur continuando a esistere, cominciò a cambiare.
Nel corso dei secoli, gli uomini iniziarono a dimenticare il vero significato della magia. Le sue meraviglie furono ridotte a leggende e, per alcuni, divennero semplici racconti da raccontare attorno al fuoco. La magia che Eldras aveva creato sembrava svanire, trasformandosi in una risorsa che gli uomini usavano a proprio piacere, senza mai comprendere la sua vera forza.
Eppure, nel cuore di alcuni uomini, nacque il seme del male. Non era una forza potente come quella che aveva plasmato la terra, ma era qualcosa di più sottile e pericoloso. La corruzione, l’ambizione smisurata, il desiderio di potere, e la brama di dominio avevano preso radici, alimentando nuove figure oscure che avrebbero segnato la storia nei secoli successivi.
Uno di questi uomini fu Verden.
Verden non era un mago potente. La sua magia, benché rara e interessante, non fu mai paragonabile a quella di Eldras o di Silente. Ma quello che lo rendeva diverso dagli altri era la sua brama insaziabile di potere. Non si accontentava di esercitare il controllo sui maghi; voleva dominare ogni aspetto della vita, sia magica che babbana, e ogni battaglia che intraprendeva era mossa da un'unica intenzione: annientare tutto ciò che non poteva piegare alla sua volontà.
Nel corso degli anni, la sua magia si fece sempre più oscura, e il germe del male che aveva corrotto il suo cuore cominciò a contaminare il mondo che lo circondava. La sua follia lo portò a creare mostri, creature orribili e spaventose, alimentate dalla stessa corruzione che aveva invaso la sua anima. Eppure, nonostante il male che diffondeva, il mondo magico non lo temeva come temeva Eldras. Non lo consideravano un dio, ma un uomo che cercava di accaparrarsi tutto ciò che poteva.
Non fu mai un vero e proprio conquistatore, ma un uomo che si nutriva del suo stesso potere, ingannando chi lo seguiva e consumando ciò che di buono restava nel cuore degli altri. E mentre il suo potere cresceva, anche la sua solitudine aumentava, ed egli si rifugiò sempre più nel suo castello isolato, lontano dal mondo.
La sua morte arrivò senza clamore, come accade a tutti i tiranni. Non fu una fine eroica, né drammatica. Non ci furono battaglie memorabili, né sacrifici eroici. Verden morì nel sonno, malato e debole, circondato solo dalle ombre del suo passato. Non ci furono funerali, né monumenti costruiti in suo onore. Il suo nome venne dimenticato, e la sua eredità svanì nel nulla. Le sue rovine vennero spazzate dal tempo, così come le sue azioni.
La morte di Verden non fu che l'inizio di un lungo processo: i suoi atti malvagi e la corruzione che aveva seminato avrebbero lasciato una scia di distruzione che si sarebbe diffusa attraverso le generazioni, ma la sua figura fu destinata a cadere nell'oblio. Eppure, anche se il suo nome fu dimenticato, il male che aveva innescato non scomparve, alimentando la nascita di nuovi mostri e nuove figure oscure nei secoli successivi.
La grande differenza tra lui e le figure che lo seguirono, come Voldemort o altri tiranni del passato, era che nessuno si ricordò di lui. La sua morte non fu celebrata, non fu mitizzata. Il mondo si dimenticò di Verden, proprio come dimenticò la sua magia, che divenne un'ombra nel corso della storia. I suoi discepoli scomparvero, le sue idee vennero abbandonate, e il suo nome fu cancellato dai libri di storia.
Al contrario, le figure benevole, come Eldras e Silente, pur non essendo perfette, furono ricordate in qualche modo. Anche nei momenti di silenzio e solitudine, le loro gesta continuarono a vivere nei racconti. La gente parlava di loro come di leggende, e i loro nomi non furono mai dimenticati. Le loro eredità furono immortali, anche se il tempo le aveva messe alla prova.
Verden, invece, morì come un uomo dimenticato. La sua morte non divenne mai una leggenda, e il mondo dimenticò chi fosse veramente. La sua fine non fu trionfante né eroica, ma la prova che il male, per quanto grande possa essere, non lascia mai un'eredità duratura.