Hagrid si trascinava lungo i sentieri di Hogwarts, il cuore pesante e l’anima turbata. La voce della sua espulsione risuonava ancora nelle sue orecchie, come una sentenza che non riusciva a scacciare. A tredici anni, il mondo che aveva sempre conosciuto si era frantumato. L'idea di essere accusato di un crimine che non aveva commesso, l'idea che una colpa così grande fosse appiccicata su di lui senza che potesse fare nulla per difendersi, gli bruciava dentro come una ferita mai guarita.
Gli altri studenti avevano continuato il loro cammino, diventando maghi sempre più potenti, mentre lui, Hagrid, rimaneva un ragazzo solitario, fuori posto, escluso. Nessuna bacchetta magica, nessuna possibilità di dimostrare la sua abilità in quella materia che amava tanto. La sua passione per le creature magiche, il suo amore per gli animali fantastici, gli sembravano solo sogni lontani, impossibili da realizzare in un mondo che non lo accettava.
Eppure, nonostante tutto, c'era una figura che lo aveva salvato dal buio: Silente. Il vicepreside che, senza farsi influenzare dalle dicerie e dalle voci, gli aveva offerto una via di fuga, una possibilità di restare. "Rimarrai qui con noi, Hagrid," gli aveva detto con un sorriso che, pur tra le lacrime, aveva saputo infondergli una nuova speranza. "Ti troverò un posto, un luogo dove potrai crescere."
Hagrid non dimenticava mai quelle parole. Ogni giorno che passava ad Hogwarts, ogni passo che faceva nella Foresta Proibita, ogni fiore che raccoglieva per gli studenti più piccoli, era un segno di gratitudine verso Silente. La scuola non era più solo un luogo di apprendimento: era diventata casa sua, il suo rifugio.
Quella sera, il cielo sopra Hogwarts era coperto da nuvole grigie, ma una luce tremolante attraversava l'oscurità. Non c’era nulla di più familiare per Hagrid di quella luce, che proveniva dalla Foresta Proibita. Il giovane Hagrid aveva sempre sentito un legame speciale con quella foresta misteriosa, con le sue ombre oscure e i suoi suoni incomprensibili. Lì, la magia era più pura, più selvaggia.
Stava camminando lungo il sentiero verso il suo nuovo posto di lavoro, accanto al guardiacaccia, un uomo anziano e burbero di nome Kreeger, che non sembrava entusiasta della presenza di Hagrid ma aveva accettato comunque di prenderlo sotto la sua ala. Hagrid non si lamentava. La sua vita era cambiata, ma non era stato un cambiamento negativo. Anzi, lavorare con Kreeger gli permetteva di passare più tempo nella Foresta, che per lui era come una madre che lo accoglieva.
"Stai attento, ragazzo," Kreeger disse bruscamente, fermandosi a guardare la foresta con occhi attenti e penetranti. "Questa notte è diversa. Gli acromantula sono più aggressivi del solito."
Hagrid si fece serio. Lo sapeva bene: la Foresta Proibita nascondeva pericoli di ogni tipo, creature che non avevano paura di attaccare anche il più coraggioso degli esseri umani. Ma c'era qualcosa in lui che non poteva fare a meno di amare quella selva misteriosa e temibile. Le acromantula, quei ragni giganti e spaventosi, erano per lui creature affascinanti, simili ad altri mostri di cui si era sempre preso cura.
Quella notte, tuttavia, la Foresta sembrava più inquieta che mai. I rumori provenienti dagli alberi sembravano amplificati dal buio, e un vento gelido soffiava tra i rami, come se la foresta stessa stesse respirando. "Vai avanti, Hagrid," Kreeger disse in tono secco, indicando una piccola radura più avanti. "Ci sono degli acromantula che hanno preso dimora lì. Dobbiamo assicurarci che non escano dalla foresta."
Hagrid si fece avanti, il cuore che batteva forte. Non aveva paura delle acromantula. La sua natura di mezzo gigante lo rendeva più forte di tanti, e la sua conoscenza delle bestie magiche lo rendeva rispettato dai pochi che lo conoscevano bene. Ma stava per affrontare qualcosa di nuovo. E quel nuovo non era solo una creatura, era il suo destino.
Entrò nella radura, e la vide. Un'enorme acromantula, con gli occhi rossi e minacciosi, stava agitando le sue zampe spinose. I suoi movimenti lenti e fluidi erano come quelli di una bestia addormentata, ma pronta ad attaccare in ogni momento.
"Non ti farò del male," Hagrid mormorò, avvicinandosi lentamente, il cuore che batteva forte nel petto. "Non voglio combattere."
Ma l'acromantula, come se avesse percepito la sua sincerità, si fermò. La foresta silenziosa sembrava osservare il giovane ragazzo che osava avvicinarsi a una delle sue creature più letali. Hagrid allungò una mano tremante verso il ragno gigante, sussurrando parole dolci come se volesse tranquillizzarlo.
All’improvviso, sentì una presenza alle sue spalle. Kreeger stava osservando, ma con un’espressione che Hagrid non riusciva a decifrare. Il guardiacaccia aveva capito che, nonostante tutto, Hagrid aveva qualcosa che gli altri non avevano: il coraggio di entrare in sintonia con le creature che popolavano quella foresta selvaggia.
"Molto bene," disse Kreeger finalmente. "Hai il controllo. Ma ricordati, Hagrid, non tutte le creature sono come questa. Alcune, molto più pericolose, non saranno così facili da placare."
Mentre i due si allontanavano dalla radura, Hagrid non poté fare a meno di sentire una piccola scintilla di speranza nel cuore. Aveva trovato la sua strada. La Foresta Proibita era diventata il suo posto, il suo rifugio. E forse, solo forse, avrebbe potuto trovare un modo per dimostrare che non era il mostro che gli altri pensavano fosse.
La scuola era diventata la sua casa, ma la foresta, quella notte, lo aveva finalmente accolto come uno dei suoi figli.
La “Testa di Porco” quella sera era ancora più affollata del solito, con il crepitio del fuoco nel camino e il suono di voci animate che riempivano la stanza. Hagrid si trovava al suo solito tavolo, un po’ ai margini, ma sempre al centro della locanda. Le burrobirre erano abbondanti, e lui ne aveva già sorseggiata una decina. L’atmosfera calda e l’odore del cibo gli facevano sentire per un attimo la tranquillità che tanto cercava.
Quel giorno, Hagrid non aveva voglia di parlare con nessuno, ma il rumore di passi nell’ingresso gli fece alzare gli occhi. Un uomo, vestito di nero e con un cappuccio che gli nascondeva il volto, entrò nella locanda. La sua figura sembrava un'ombra tra la luce calda del fuoco. Non sembrava uno dei soliti avventori, eppure si avvicinò a Hagrid con un passo sicuro, come se lo stesse cercando.
"Posso sedermi?" chiese con voce bassa, ma ferma.
Hagrid annuì, sempre più curioso. Lo sconosciuto si sedette senza dire altro e appoggiò una borsa sul tavolo.
"Non sei del villaggio, vero?" disse Hagrid, cercando di rompere il ghiaccio. "Chi sei?"
L'uomo si prese un momento prima di rispondere, il suo sguardo scrutava Hagrid da sotto il cappuccio. "Un viaggiatore. Ho sentito parlare di te. Ho sentito dire che sei... un tipo speciale. Un gigante gentile." Un sorriso che non toccava gli occhi apparve sul suo volto.
Hagrid fece un sorriso imbarazzato, ignorando la parte sul gigante. Non amava parlare della sua natura, ma qualcosa in quell'uomo gli sembrava in qualche modo... intrigante.
"Ti va di fare una partita a carte?" chiese lo sconosciuto, facendo scivolare un mazzo antico sul tavolo. "Ho una proposta per te. Ti faccio vincere, se vuoi, ma voglio solo qualche piccola informazione in cambio."
Hagrid, già un po' brillo, fissò le carte e accettò senza pensarci troppo. La compagnia di qualcuno, anche di uno sconosciuto, era meglio che restare da solo a rimuginare sui suoi pensieri. Ma mentre iniziavano a giocare, qualcosa nel comportamento dell'uomo gli fece sentire che c'era più di quanto apparisse.
"Tu... sai qualcosa su Hogwarts, non è vero?" chiese lo sconosciuto, gettando un'occhiata furtiva a Hagrid.
Hagrid rispose lentamente, sbattendo gli occhi e cercando di concentrarsi. "Hogwarts? Beh... sì, ci lavoro. Mi occupo della Foresta Proibita, gli animali, e... beh, un po’ di tutto."
Lo sconosciuto sorrise e fece un gesto con la mano. "E il cane a tre teste... Fluffy, giusto? Quella bestia che sorveglia l’ingresso alla camera... che segreti nasconde, eh?"
Hagrid sobbalzò, un brivido gli percorse la schiena, ma lo sconosciuto non lo guardava direttamente. In quel momento, Hagrid si accorse che l’uomo lo stava solo studiando, cercando di fargli rivelare più di quanto volesse. Ma era stanco, il vino aveva cominciato a farsi sentire, e il pensiero di Fluffy lo mise a disagio.
"Non... non è un cane, è... un guardiano. Un buon cane, ma bisogna stare attenti. Non si sa mai," disse Hagrid, le parole che uscivano a fatica dalla sua bocca. Non voleva dire troppo.
"Capisco," rispose l'uomo, la sua voce suonando più dolce, quasi amichevole. "E se ti facessi vincere un piccolo premio? Un bel uovo di drago, magari?"
L'uomo posò un piccolo oggetto sul tavolo. Un uovo di drago. Hagrid guardò l'uovo, l’alcol che gli faceva perdere lucidità. Un uovo di drago... era troppo per un uomo come lui. Ma non sapeva dire di no. Accettò senza pensarci, contento di avere qualcosa di così prezioso tra le mani.
Dopo un’altra mano e qualche sorso di vino, la partita giunse al termine. Hagrid, ormai visibilmente ubriaco, si accorse appena che lo sconosciuto si era alzato per andarsene, lasciando il suo uovo e un sorriso sfuggente sulle labbra.
"Grazie per la compagnia, Hagrid. Ora ricorda: i segreti di Hogwarts sono pericolosi. Non dovresti dire troppo a nessuno," disse l'uomo con voce bassa, ma ferma.
Poi, senza aspettare una risposta, si voltò e si diresse verso la porta, scomparendo nel buio della notte.
Il giorno dopo, Hagrid si svegliò con la testa che gli faceva male e un vago senso di disagio. L’uovo di drago era ancora lì, ma i ricordi dell'incontro erano confusi, come se tutto fosse stato solo un sogno. Si alzò dal letto, guardò fuori dalla finestra e sospirò. Non riusciva a ricordare nemmeno il nome dell'uomo con cui aveva parlato.
Ma ciò che non sapeva era che lo sconosciuto non se n'era andato. Era rimasto nascosto nell'ombra della locanda, raccogliendo con cura le informazioni che Hagrid aveva rivelato, intenzionato a usarle per i suoi scopi. E mentre Hagrid si preparava a tornare nella Foresta Proibita, un'ombra silenziosa si muoveva dietro di lui, un'ombra che non avrebbe mai potuto sospettare.
Più tardi quella notte, mentre Hagrid tornava nella sua capanna, un uomo incappucciato camminava a pochi passi da lui. Lo sconosciuto si fermò in un sentiero isolato, a pochi chilometri da Hogsmeade. Con uno strano sorriso sotto il cappuccio, disse tra sé e sé:
"Molto presto, il cane non avrà più bisogno di sorvegliare quella porta. Il gioco è appena cominciato."
Era Raptor. Ma non era più il professor Raptor che Hagrid conosceva. Era qualcuno di molto più oscuro, e il suo piano stava appena iniziando a prendere forma.
Era una fredda notte d’autunno e la luna piena illuminava il castello di Hogwarts, quando Harry, avvolto nel suo mantello dell'invisibilità, si avvicinò silenziosamente alla capanna di Hagrid. Il ragazzo camminava senza fare rumore, come se non volesse svegliare nessuno, eppure la sua mente era in subbuglio. Non riusciva a dormire, non quella notte, non quella giorno. Il 31 ottobre era un giorno che portava con sé troppi ricordi dolorosi, il ricordo dei suoi genitori, la loro morte violenta, e la solitudine che sentiva ogni anno in questa data.
La capanna di Hagrid, con il suo tetto di paglia e la porta di legno massiccio, sembrava un rifugio lontano dai pensieri oscuri che tormentavano Harry. Si fermò davanti alla porta, esitante per un attimo, ma poi bussò delicatamente. La risposta non tardò ad arrivare: la porta si aprì lentamente, rivelando Hagrid con un sorriso che illuminava il suo volto grosso.
"Harry? Che ci fai qui a quest'ora?" chiese Hagrid, sorpreso ma felice di vederlo.
"Sono venuto a trovarti," rispose Harry, quasi timidamente. "Non riuscivo a dormire, e... avevo bisogno di parlare con qualcuno."
Hagrid fece un passo indietro, aprendo completamente la porta e invitando Harry a entrare. "Vieni, vieni. Non c'è niente di meglio di una buona chiacchierata. E qui dentro fa più caldo," disse, mentre Harry entrava, respirando il profumo di legna e torta di zucca che permeava l'aria.
La capanna di Hagrid era piccola ma accogliente, con un grande camino acceso e vari oggetti sparsi in giro, tra cui alcuni libri sugli animali magici e un’enorme poltrona di pelle consumata. Harry si sedette davanti al fuoco, mentre Hagrid si sistemava un grosso bicchiere di tè.
"Davvero, Harry, che ci fai qui? Non è una notte normale questa..." disse Hagrid, la sua voce gentile ma curiosa.
Harry guardò il fuoco danzare, sentendo una stretta al cuore. "È... è la notte in cui i miei genitori sono morti," disse, la voce che tradiva un po' di emozione. "Ogni anno, è sempre così... difficile."
Hagrid lo guardò intensamente, come se volesse cercare di capire cosa stesse passando il ragazzo. Si avvicinò con delicatezza e posò una mano gigante sulla sua spalla. "Harry, lo so che non posso sostituire i tuoi genitori... ma se c'è qualcosa che ti posso dire, è che loro ti amavano più di ogni altra cosa. E sarebbero stati orgogliosi di te, credimi."
Harry sentì un calore crescere dentro di sé, ma allo stesso tempo c'era un vuoto che non si sarebbe mai colmato. "Grazie, Hagrid," rispose semplicemente, sentendo un conforto che solo Hagrid riusciva a dargli.
Un silenzio cadde tra di loro, mentre entrambi si godevano il calore della fiamma. Dopo qualche minuto, Harry si sentì pronto a cambiare argomento. "Ho sempre voluto chiederti, Hagrid," cominciò, il tono curioso, "come hai fatto ad avere Aragog? È un ragno gigante, ma sembra che lo tratti come... un vecchio amico."
Hagrid sorrise, il suo volto si illuminò di orgoglio. "Aragog," disse con affetto, "è stato un regalo molto speciale. Lo incontrai tanti anni fa, quando ero ancora giovane. Era in una foresta lontana, in un posto che nessuno avrebbe mai pensato di visitare. Ero in viaggio, quando mi imbattetti in un giovane uomo, un po' strano, ma gentile. Era un magizoologo, uno dei migliori che ci siano stati. Si chiamava Newt Scamander."
Harry lo guardò sorpreso. Non si aspettava di sentire quel nome. "Newt Scamander? Il famoso magizoologo?" chiese, incredulo.
Hagrid annuì, il suo sorriso diventando ancora più ampio. "Sì, proprio lui. L'ho incontrato in un villaggio sperduto, dove lui stava studiando alcune specie rare. Newt era un tipo solitario, ma il suo cuore era grande. Un giorno, mi raccontò di un ragno gigante che stava cercando, un ragno che aveva bisogno di un posto sicuro per vivere. Mi chiese se sapevo dove trovarlo, e naturalmente, quando lo trovai, non esitai a prenderlo con me."
Harry ascoltava attentamente, sentendo il calore della storia che Hagrid stava raccontando. "E così Aragog venne a Hogwarts?"
"Esattamente," rispose Hagrid. "Newt mi disse che Aragog era in pericolo, che i suoi compagni erano stati sterminati e che aveva bisogno di un posto dove poter vivere senza paura. Così lo portai qui, nella Foresta Proibita. E da allora è stato il mio compagno. Anche se, a volte, è un po' troppo curioso, se capisci cosa intendo."
Harry sorrise, comprendendo bene cosa volesse dire Hagrid. "Ma è incredibile," disse, "come un incontro casuale abbia cambiato tanto."
"Vero," rispose Hagrid, il suo volto serio ma felice. "In effetti, ogni creatura che incontro, ogni animale che trovo, mi insegna qualcosa. E so che, a volte, le creature più pericolose sono quelle che hanno bisogno di più attenzione. Come Aragog."
Harry rifletté su quelle parole, sentendo una connessione più profonda con il gigante. "Grazie, Hagrid," disse infine, mentre il fuoco continuava a scoppiettare nel camino. "Sei sempre così... gentile con gli altri."
Hagrid rise, un rumore profondo e affettuoso. "Niente di che, Harry. Ma tu, tu sei una persona speciale. E quando hai bisogno di qualcuno che ti ascolti, io ci sarò sempre."
Harry guardò Hagrid con gratitudine, sentendo che, nonostante tutto, aveva trovato una famiglia in quel gigante gentile. In quel momento, sotto la luce tremolante del fuoco, Harry si sentì meno solo.