Il cielo sopra la Terra dei Maghi si tingeva di un rosso inquietante, mentre il mondo stava per entrare in un periodo di oscurità che avrebbe lasciato cicatrici indelebili. Cinquecento anni prima degli eventi che avrebbero fatto tremare Hogwarts, il mondo magico era ancora giovane e in espansione. I maghi, potenti e orgogliosi, non immaginavano nemmeno che un giorno avrebbero potuto temere la forza di coloro che consideravano inferiori: i babbani.
La guerra tra i due mondi era iniziata da anni, ma nessuno poteva prevedere quanto sarebbe stato difficile. I maghi, armati di bacchette e incantesimi potenti, inizialmente sembravano invincibili. Ma la storia non si sarebbe scritta come molti si aspettavano.
In una sala sotterranea nascosta tra i boschi più remoti, un gruppo di maghi di alto rango discuteva animatamente. Tra loro c'era Alistair Vaelwyn, un mago noto per la sua saggezza ma anche per la sua ambizione. Vaelwyn aveva studiato la guerra contro i babbani a lungo ed era convinto che la vittoria fosse a portata di mano, se solo avessero intensificato gli attacchi. La sua mano tremava un po’ mentre accarezzava la superficie liscia del suo bastone da comando, ma il suo sguardo era deciso.
"Non possiamo aspettare ancora. Loro stanno preparando qualcosa," disse Vaelwyn, il suo volto segnato dal tempo e dalla preoccupazione. "Abbiamo sentito voci su una nuova arma. Dobbiamo colpire ora."
Ma Sylvia Valier, un’alleata fedele ma con una natura più cauta, scosse la testa. "Sono preparati a fare più di un semplice attacco fisico. I babbani non sono stupidi. Non possiamo solo bombardare i loro villaggi e pensare che sia finita. Hanno mente strategica che non avevamo previsto."
Il conflitto tra maghi e babbani non era stato solo fatto di battaglie dirette. I babbani, pur non possedendo la magia, avevano imparato a sfruttare l'ingegno e le risorse che i maghi sottovalutavano: la psicologia, la manipolazione e la tecnologia. Per anni, avevano segretamente accumulato conoscenze, studiato i comportamenti dei maghi e persino creato strumenti che potessero annullare o ridurre l’efficacia della magia.
Nel cuore della guerra, un uomo divenne l'incarnazione di questa intelligenza: Gaius Reeve, un abile stratega babbano che, pur privo di poteri magici, aveva una mente brillante. Reeve, un tempo un semplice contadino, aveva capito che non potevano vincere con la forza bruta. La sua arma era il cervello, la sua battaglia quella di manipolare i maghi dal di dentro, sfruttando le loro paure, le loro debolezze.
"Abbiamo già un vantaggio psicologico," disse Reeve durante una riunione segreta con i suoi alleati più fidati. "Se li facciamo dubitare di loro stessi, di ciò che sono e di ciò che vogliono, possiamo piegarli. Hanno il potere, ma noi abbiamo il controllo delle loro emozioni. Loro sono forti nei numeri, ma sono fragili nell’animo."
E fu proprio questo che Reeve fece. Iniziò a diffondere disinformazione tra i maghi, insinuando il dubbio sulla lealtà di alcuni di loro, creando spaccature all'interno del fronte magico. Si diceva che alcuni maghi più giovani si fossero alleati segretamente con i babbani, mentre altri tradivano per guadagno personale. Con queste voci, Reeve seminò discordia tra i ranghi dei maghi, erodendo la loro fiducia reciproca.
Un altro aspetto cruciale del suo piano fu l'uso di una tecnologia nascosta. I babbani avevano creato oggetti che interferivano con la magia, riducendo l'efficacia degli incantesimi. Tra questi, c’era un particolare tipo di metallo che impediva la tracciabilità delle bacchette magiche, rendendo impossibile localizzare i maghi con incantesimi di rilevamento.
La guerra tra i due mondi non fu mai solo fisica: fu anche un conflitto di mente e spirito, di cuore e volontà. I maghi, pur essendo superiori nella magia, non si erano mai preparati a dover affrontare una battaglia sul piano psicologico.
La battaglia che segnò l’inizio della fine avvenne in una foresta fitta e oscura, dove i maghi avevano nascosto una delle loro fortezze più importanti. Gaius Reeve e i suoi uomini si avvicinarono alla fortezza con una strategia ben precisa: creare confusione. Con l’uso della tecnologia magica rubata dai maghi stessi, riuscirono a disabilitare le protezioni incantate, aprendo la strada agli uomini di Reeve.
Una volta entrati, l’ingegno di Reeve colpì duro. La maggior parte dei maghi, impauriti e confusi per gli strani effetti sui loro incantesimi, non seppero più come reagire. Reeve, con il suo cervello acuto, condusse una serie di attacchi a sorpresa, sfruttando il panico che stava serpeggiando tra le fila nemiche.
Quando la battaglia finì, i maghi che erano riusciti a scappare non sapevano nemmeno come avevano perso. Avevano sottovalutato troppo a lungo i babbani, non solo in termini di potere fisico, ma in quanto a ingegno e strategia. Quel giorno, i babbani non avevano solo vinto una battaglia: avevano dimostrato che non era la magia a determinare il destino, ma la capacità di vedere oltre l’apparenza.
Nel momento in cui Gaius Reeve si preparava a colpire il colpo finale alla resistenza magica, venne a sapere di un tradimento. Uno dei suoi più fedeli alleati, un uomo che aveva cresciuto e formato personalmente, si rivelò essere un infiltrato, inviato dai maghi per cercare di sabotare la guerra. In un drammatico confronto, Reeve si trovò costretto a mettere fine alla sua stessa creazione, accusando il traditore di voler distruggere tutto ciò che avevano costruito.
Il mondo che un tempo era dominato dalla magia si era ormai ridotto a un ricordo sbiadito. Le battaglie contro i babbani, pur dolorose, erano state perse. Con il passare degli anni, i maghi si erano ritirati nelle ombre, relegati a vivere in clandestinità, lontani da un mondo che li aveva abbattuti e scherniti. L’alba della vittoria babbana era arrivata, e con essa un nuovo ordine mondiale.
Nel cuore della capitale babbana, dove un tempo si ergeva il Parlamento dei Maghi, oggi si trovava il Ministero Babbano, un'imponente struttura di acciaio e vetro, simbolo di potere e controllo. Era il centro nevralgico della società, dove le decisioni che riguardavano il futuro del mondo venivano prese, con la solenne sicurezza di chi ora deteneva il comando.
Al piano inferiore del Ministero, lontano dalle luci scintillanti e dai potenti uffici, si trovava il Dipartimento di Magia e Maghi Non Collaborativi. Qui, uomini e donne che un tempo avevano fatto parte delle più alte sfere magiche erano costretti a lavorare, lontani dalla loro dignità e sotto il giogo di una società che non solo li temeva, ma ora li considerava inferiori.
Benedict Caulfield era uno di loro. Un tempo uno dei più giovani e promettenti maghi del Consiglio dei Maghi, ora si trovava dietro una scrivania polverosa, intento a scrivere rapporti per il Ministero Babbano. Le sue mani, abituate a gestire bacchette e incantesimi complessi, ora sollevavano pesanti fogli di carta e inchiostro. Ogni giorno era lo stesso, ogni giorno un'umiliazione. Lo sguardo dei suoi colleghi babbani era penetrante, e non riusciva a ignorare i commenti sottili, le risatine dietro la schiena, gli occhi che lo scrutavano con una mescolanza di disprezzo e paura.
"I maghi... sempre a spadroneggiare," aveva detto uno dei funzionari babbani mentre passava vicino alla sua scrivania. Benedict si era forzato a non reagire, ma dentro di sé, sentiva il cuore stringersi. Non era più il potente incantatore di un tempo. Era solo un uomo ridotto alla miseria, un uomo che aveva visto il suo mondo crollare.
Altri, come Isabel Moir, si trovavano in una situazione simile. Un tempo una delle leader del Consiglio, ora le sue ore venivano trascorse a servire caffè ai suoi superiori babbani, ogni suo passo osservato, ogni sua mossa sotto il microscopio. Isabel si era abituata agli insulti velati e agli sguardi di disprezzo. Non era solo la sua posizione a essere umiliata, ma anche la sua identità. I babbani la vedevano come una reliquia di un’epoca che avevano distrutto. Le parole di odio e disprezzo che le venivano lanciate erano ormai una costante: "Pensavi davvero che avremmo lasciato che le vostre magiche illusioni governassero il mondo?".
Nel cuore del Ministero Babbano, il Ministro Roderick Harrow era un uomo senza scrupoli, ma dotato di una mente incredibilmente lucida. Aveva fatto della sua abilità politica un’arma più potente di qualsiasi incantesimo. Da quando la guerra era finita, aveva preso il posto di Ministro delle Terre Babbane, ma la sua vera vittoria era stata quella di convincere i maghi a sottomettersi, facendogli credere che la loro unica possibilità di sopravvivenza fosse di vivere sotto il suo controllo.
E così, alla fine della giornata, dopo anni di dominio, Roderick Harrow fece una proposta che cambiò le sorti di tutti.
Nel suo ufficio, al piano più alto del Ministero, un gruppo di maghi si trovava in attesa di un incontro cruciale. Erano i capi di quel che rimaneva della comunità magica, uomini e donne ormai stanchi ma determinati a mantenere viva la propria cultura. L'aria era tesa, carica di una pesante aspettativa.
Quando Harrow fece la sua entrata, la stanza divenne improvvisamente più piccola. Con un sorriso gelido e una mano che si muoveva elegante, Harrow si sedette dietro la sua scrivania. "Maghi," cominciò, "so che la vostra condizione è difficile, e so che avete resistito, ma le vostre resistenze sono ormai vanificate. Voi non potrete mai tornare al potere come una volta. Ma posso offrirvi qualcosa."
Ci fu un silenzio carico di incredulità. "Cosa vuoi dire?" chiese Benedict, alzando lo sguardo.
Harrow non sorrideva più, ma i suoi occhi brillavano di una luce fredda e calcolatrice. "Vi concederò un posto nel nostro mondo. Un vostro Ministero della Magia, nascosto e separato dalla comunità non magica. Sarete sotto la mia supervisione, ma avrete un governo vostro. Il Ministro della Magia, tuttavia, sarà un dipendente diretto del mio Ministero. Ogni vostra decisione dovrà passare attraverso il mio ufficio." Le parole rimasero sospese nell’aria, come una condanna. Il Ministro Babbano aveva vinto, ma offriva una parvenza di libertà, pur mantenendo il controllo totale. Un governo separato per i maghi, ma sempre sotto la sua ombra.
Quella che doveva essere una vittoria apparente per la comunità magica era, in realtà, un'umiliazione più grande della guerra stessa. La sensazione che i maghi avessero perso non solo la guerra, ma anche la loro dignità, permeava l'aria. Ogni passo che avrebbero fatto nel loro nuovo ministero sarebbe stato vigilato e approvato, e la magia, quella che una volta dominava il mondo, ora si trovava ridotta a un'ombra, sotto il dominio dei babbani.
Mentre i maghi accettavano la proposta, consci di non avere altra scelta, una parte di loro capiva che quella sarebbe stata la fine della loro vera libertà.
Con il passare dei decenni, la comunità magica, pur mantenendo il proprio ministero separato e nascosto, riuscì gradualmente a farsi valere. La proposta di Harrow, che un tempo sembrava una condanna, si rivelò essere solo una tregua, una parentesi che avrebbe permesso ai maghi di ricostruirsi. Sebbene la magia fosse ancora relegata a un'ombra, il Ministero della Magia si stava silenziosamente imponendo su quello babbano.
Nei primi anni, l'isolamento era quasi totale. I maghi che ricoprivano ruoli nei Ministeri babbani lavoravano come ombre, operando senza mai farsi notare, ma cominciarono a prosperare nell'ombra, facendo crescere lentamente il proprio potere. I successi dei babbani non venivano più tramandati con la stessa forza, e i racconti sulla guerra cominciarono a cambiare. La loro vittoria sembrava sempre più sfocata, ridotta a una serie di eventi che pochi si ricordavano con chiarezza.
Leggende cominciarono a serpeggiare nei corridoi segreti del Ministero Magico, leggende che parlavano di un eroe nascosto, un mago che aveva colpito i babbani in un momento di debolezza, un mago che, con l'uso della magia, aveva fatto dimenticare loro i trionfi della guerra. Questo misterioso eroe aveva reso i babbani vulnerabili alla paura, timorosi di ciò che non potevano comprendere.
Nessuno sapeva chi fosse quest'eroe, ma la paura di ciò che era sconosciuto si era radicata nei cuori della comunità babbana. I maghi, però, non erano più gli stessi. In molti, soprattutto tra i più giovani, ardeva un rancore profondo verso i babbani, un risentimento che alimentava l’odio per le generazioni di sofferenze e umiliazioni subite. La magia, che una volta li aveva elevati, ora sembrava diventare un'arma per colpire e punire, per ribaltare un ordine che li aveva visti schiavi.
I gruppi di maghi cominciarono a darsi alla ribellione, agendo nell'ombra, con la speranza di rovesciare l'ordine stabilito. Alcuni di loro non si accontentavano più del potere nascosto. Volevano dominare, far crollare definitivamente il Ministero Babbano. Le strade delle città babbane cominciarono a essere segnate da scontri segreti tra maghi e babbani, un conflitto che nessuno osava ammettere, ma che si poteva avvertire nell'aria pesante.
In questo clima di crescente tensione, la figura di Albus Silente cominciò a emergere. Maggiore della sua generazione, Silente aveva visto le sofferenze dei maghi e sentiva che la vendetta e l'odio non avrebbero mai portato a nulla di buono. Era un uomo che cercava di costruire un ponte tra il mondo magico e quello babbano, pur consapevole delle cicatrici lasciate dalla guerra. Silente era stato testimone di come i maghi più giovani si alimentassero di rancore e desiderio di vendetta, e con il passare degli anni, il suo pensiero maturò. La pace non si sarebbe mai raggiunta con la violenza; la vendetta avrebbe solo alimentato l'odio.
Nel cuore della comunità magica, Silente lavorò per far prevalere un cambiamento radicale. Cominciò a predicare l'uguaglianza, incoraggiando i maghi a riconoscere la dignità della comunità non magica e a non vederla come un nemico. L'idea che i babbani e i maghi dovessero vivere insieme, come pari, cominciò a diffondersi, lentamente, tra coloro che lo seguivano. La sua posizione inizialmente fece storcere il naso a molti, ma Silente non si fermò. Le sue parole cominciarono a scalfire anche le menti più rigide e, soprattutto, la sua capacità di parlare di giustizia, uguaglianza e amore lo portò a unire un gruppo di maghi e babbani che avrebbero lavorato insieme per costruire un nuovo mondo.
Gli anni passavano, e la pressione sul governo babbano cresceva. I maghi più giovani, cresciuti ascoltando le leggende di un eroe nascosto, non si contentavano più di vivere nell'ombra. Volevano emergere, ma non come oppressori, bensì come uguali. Alcuni, come Silente, cercavano la pace, ma altri, come coloro che avevano visto la guerra da vicino, non erano disposti ad accettare nulla che non fosse la supremazia della magia.
L'ultimo atto di questa lunga e silenziosa battaglia avvenne quando un giovane ministro babbano, di nome Elias Falk, che cercava di mantenere il fragile equilibrio tra i due mondi, fece una proposta che cambiò le sorti della storia. Con il supporto segreto di Silente e dei suoi alleati, Falk propose una nuova legge, una legge che avrebbe garantito ai maghi il diritto di vivere in pace tra i babbani, con la protezione del loro Ministero, senza dover vivere nell'ombra. Ma questa proposta non fu mai completamente accettata da tutti, e la paura dei babbani rimase radicata, soprattutto tra i più anziani, che ancora temevano la magia.