Hermione Granger non si era mai considerata una bambina come le altre. Sin da piccola, amava trascorrere ore tra i libri, divorando storie e avventure che la portavano in mondi lontani, immaginari e impossibili. Viveva con i suoi genitori, entrambi dentisti, in una casa modesta ma piena di calore e gentilezza, che però, per lei, rappresentava una specie di prigione.
Essere una "secchiona" non la aiutava, soprattutto a scuola, dove i compagni la prendevano spesso in giro. Per molti, la sua passione per lo studio e il modo in cui alzava la mano per rispondere a ogni domanda era una costante irritazione. Sapeva di non essere molto popolare, ma continuava a eccellere, trovando un rifugio nella conoscenza. Ogni volta che il mondo attorno a lei sembrava troppo opprimente, si rifugiava in qualche libro, sperando che, in qualche modo, la lettura potesse darle risposte a domande che nemmeno sapeva di avere.
Ma c'era di più. Qualcosa di misterioso e inspiegabile iniziava a manifestarsi dentro di lei, come un sussurro segreto. Non lo raccontava a nessuno, ma negli ultimi mesi si erano verificati episodi che non riusciva a spiegare. Quando era agitata o arrabbiata, sembrava accadere qualcosa attorno a lei. Come quel giorno a scuola, quando una compagna l'aveva presa in giro davanti a tutti per il suo aspetto: il suo taglio di capelli, i suoi denti. Hermione si era sentita sprofondare, ma la rabbia aveva preso il sopravvento. Poco dopo, la ragazza aveva inciampato nel vuoto e si era rovesciata addosso il suo pranzo, tra le risate della classe.
Hermione non era sicura di come fosse successo, ma intuiva che in qualche modo c’entrava lei. Poi c’erano state altre piccole stranezze: i libri che cadevano dal ripiano quando si sentiva sola e infelice, una luce strana che sembrava seguirla in corridoio durante la notte, un leggero tepore che si diffondeva nelle sue mani quando piangeva. E più cercava di ignorare quegli episodi, più si intensificavano, come se qualcosa dentro di lei cercasse di emergere.
Una notte, mentre cercava di dormire, iniziò a sentire un profondo senso di insoddisfazione, come se la sua vita fosse solo una parte di un grande enigma che non riusciva a decifrare. Era sola in camera sua, la finestra aperta lasciava entrare una leggera brezza, e il mondo sembrava avvolto in una calma irreale. Sentì una voce sussurrarle, come se provenisse dal profondo di sé: "C’è di più. Devi solo trovare la strada".
Hermione si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra, osservando il cielo stellato. “Perché mi sento così diversa?” si chiese, con una nota di tristezza. Ma in quel momento, come risposta, vide qualcosa di sorprendente: una piccola luce brillante che sembrava provenire dalle sue mani, illuminando la stanza. Non era una luce intensa, ma era calda e rassicurante. In un primo momento si spaventò e cercò di spegnerla, ma poi restò a osservarla affascinata, incapace di spiegarne l'origine.
In quell’istante, Hermione comprese due cose: che era davvero speciale e che, in un modo che ancora non riusciva a comprendere, apparteneva a un mondo diverso. Un mondo che aspettava solo lei.
Da quel momento, quella piccola scintilla di luce divenne per lei una promessa e una certezza: anche se ancora non lo sapeva, Hermione stava muovendo i primi passi verso Hogwarts, il luogo che le avrebbe rivelato il suo vero destino.
Dopo il suo primo anno a Hogwarts, Hermione sentiva di vivere con un piede in due mondi. Tornare alla vita normale tra i babbani non era semplice. Sapeva di non poter raccontare nulla ai suoi amici o ai suoi genitori della magia che aveva imparato, del Castello di Hogwarts, dei suoi compagni Harry e Ron, e delle avventure che avevano già vissuto insieme. Teneva tutto per sé, con una pazienza che spesso la lasciava esausta.
I suoi genitori, entusiasti di trascorrere del tempo con lei, avevano deciso di portarla in vacanza nel nord della Francia, nella pittoresca cittadina di Saint-Malo. La città era un incanto di stradine strette e antiche mura, bagnata dalle onde del canale della Manica. Il mare, profondo e misterioso, sembrava quasi respirare un segreto che Hermione non riusciva a comprendere del tutto.
Ma ciò che la colpì di più fu una sensazione inspiegabile, un richiamo sottile che sembrava provenire da alcuni vicoli più nascosti, come se un segreto antico aleggiasse nell’aria. Non era solo suggestione: c’era davvero qualcosa di strano in quel luogo, qualcosa che solo una strega avrebbe potuto avvertire.
Un pomeriggio, mentre i suoi genitori erano impegnati in una visita guidata, Hermione decise di esplorare da sola. Seguì una stretta viuzza che la portò fuori dal centro della città, verso la costa, dove trovò un vecchio monastero abbandonato, ormai inghiottito dalla vegetazione. L’edificio era in rovina, ma aveva un fascino oscuro e misterioso. Senza sapere esattamente perché, Hermione si sentì attratta da quel luogo.
Entrò con cautela, cercando di non farsi notare da nessuno. Il silenzio era quasi opprimente, rotto solo dal lieve rumore del vento e dal battito del suo cuore. Mentre camminava tra le rovine, le sembrò di vedere delle incisioni sulle pareti, simboli antichi che le ricordavano quelli studiati nei libri di Hogwarts.
“C’è davvero qualcosa qui,” sussurrò a se stessa, eccitata.
Rimase affascinata da una particolare incisione che sembrava rappresentare un cerchio, al cui interno era raffigurato un delfino stilizzato, simbolo spesso associato alla protezione e alla guida nelle leggende locali. Al di sotto dell’incisione, c’era una scritta in francese antico: “Per coloro che cercano la verità, una prova attende nelle acque profonde”.
Hermione capì immediatamente che si trovava di fronte a un enigma, una sfida lasciata forse da antichi maghi o creature magiche. Non poteva usare la magia, non solo perché era proibita al di fuori di Hogwarts, ma anche perché voleva risolvere quell’enigma solo con il suo ingegno. Sentiva che quella prova non riguardava solo la magia: era una prova di sé stessa.
Concentrata, cercò di interpretare il significato dell’incisione. La scritta sembrava indicare qualcosa nascosto “nelle acque profonde”. Uscì dal monastero e guardò il mare, che si stendeva immenso e sconfinato di fronte a lei. Vicino alla riva notò una serie di scogli a forma di cerchio che affioravano appena, quasi a creare una sorta di passaggio.
Il sole stava tramontando, e Hermione si avvicinò agli scogli, chiedendosi cosa avrebbe trovato lì. Superata la riva, trovò una piccola grotta nascosta tra le rocce. Entrò, il cuore le batteva forte e sentiva di essere sul punto di scoprire qualcosa di importante. All’interno, l’aria era fredda e umida, e l’oscurità avvolgeva ogni cosa. Si fece strada, seguendo il lieve bagliore di una luce che sembrava provenire dal fondo della grotta.
Finalmente arrivò in una piccola camera naturale. Sulle pareti, altre incisioni ritraevano delfini e creature marine, e al centro c’era una pozza d’acqua cristallina, che sembrava brillare di luce propria. Hermione si inginocchiò e osservò la sua superficie; era come se la pozza riflettesse non solo il suo volto, ma anche una parte della sua anima.
Lì, nel silenzio della grotta, comprese il significato della prova. Non si trattava solo di cercare un oggetto o un tesoro. La vera sfida era vedere dentro di sé, accettare le sue fragilità e la sua forza. Toccò la superficie dell’acqua con la punta delle dita, e subito un’immagine le apparve nella mente: una figura eterea, un delfino argenteo che la guardava con occhi gentili e profondi.
Era una visione della sua essenza, una rappresentazione della sua capacità di proteggere e di aiutare, di guidare e di cercare la verità, esattamente come il delfino che aveva visto inciso nella pietra. Fu in quel momento che capì di possedere una forza interiore straordinaria, una forza che non dipendeva dalla magia ma dal suo cuore e dalla sua intelligenza.
Riemerse dalla grotta appena in tempo per vedere le ultime luci del tramonto scomparire dietro l’orizzonte. Con il cuore colmo di gratitudine e consapevolezza, tornò dai suoi genitori. Non raccontò nulla dell’esperienza, ma in sé portava un nuovo senso di sé stessa, una comprensione profonda delle sue potenzialità e dei suoi limiti.
Hermione era ancora giovane, ma ormai sapeva chi era: una strega in grado di affrontare anche le prove più difficili, e di farlo con il coraggio e la determinazione di un’eroina.
Era notte fonda. Harry dormiva profondamente all'interno della tenda, finalmente al sicuro e lontano da ogni pericolo, almeno per qualche ora. Hermione, però, non riusciva a trovare pace. L’angoscia per la loro missione incompleta, il dolore per l’assenza di Ron, la paura di fallire… ogni pensiero si accalcava nella sua mente, impedendole di trovare conforto.
All’esterno, l’aria era frizzante e silenziosa, e Hermione si avvicinò a un ruscello poco distante, lasciando che l’acqua gelida le sfiorasse le dita. Guardava il suo riflesso tremolare sulla superficie scura, e per la prima volta si sentì perduta. Aveva sempre avuto un piano, una risposta… ma ora, con tutto che sembrava crollarle addosso, non sapeva più cosa fare.
Proprio in quel momento, un lieve bagliore iniziò a diffondersi tra gli alberi. Era una luce calda, dorata, diversa da ogni incantesimo che conoscesse, e sembrava pulsare come un cuore vivente. Incuriosita e un po’ timorosa, Hermione si alzò, seguendo quella luce che danzava lieve sopra il ruscello. Il bagliore si intensificò, formando un piccolo portale sospeso nell’aria. Sentiva di doverlo attraversare, anche se non capiva il perché.
Con un respiro profondo, superò il limite luminoso del portale e si trovò in un luogo completamente diverso: un piccolo salotto accogliente, illuminato dalla luce soffusa di una lampada e dal crepitio di un caminetto. Davanti a lei, seduta su una poltrona, c’era una donna con i capelli castani, un sorriso gentile e uno sguardo profondo che sembrava conoscere ogni segreto dell’anima.
"Sei… sei tu?" mormorò Hermione, con un misto di incredulità e meraviglia. Sentiva che c’era qualcosa di familiare in quella donna, un senso di affinità che non riusciva a spiegare.
La donna annuì, con un sorriso complice. "Sì, Hermione. Sono Joanne. Forse, in un certo senso, potrei dire che sono… tua madre."
Hermione si avvicinò lentamente, sentendosi stranamente al sicuro. Non c’era paura in lei, solo una profonda curiosità e un desiderio di comprendere. "Come è possibile? Sei… reale?"
"Sì, lo sono, e no, non esattamente come lo intendi. Sono reale per te, per ora. Forse hai bisogno di un consiglio, di un aiuto, e così mi hai trovata." Le parole di Joanne erano pronunciate con una dolcezza e una profondità che riempivano Hermione di calore, come se in quel momento tutto il suo dolore e le sue insicurezze fossero capite e accolte.
"Sento che sto fallendo," disse Hermione, la voce tremante. "Ron ci ha lasciati, e Harry… Harry si fida di me, ma io non so se riuscirò a portarlo fino alla fine. Ho paura di non essere abbastanza forte, di non avere le risposte…"
Joanne la guardò con tenerezza, poi si chinò verso di lei, posandole una mano sulla spalla. "Hermione, non sei sola in questo. Io ti ho dato la tua intelligenza, la tua determinazione, ma è stata la tua forza a portarti fin qui. Non sono stata io a darti il coraggio che hai dimostrato mille volte. Sai bene come si deve combattere il male, perché lo porti nel cuore ogni giorno, cercando la verità e il bene."
Hermione restò in silenzio, ma sentiva che le sue parole avevano toccato qualcosa di profondo. In quel momento, sembrava di essere tra vecchie amiche, come se quella donna comprendesse le sue paure più di chiunque altro.
"Ma… se davvero sei mia madre," iniziò Hermione, "perché devo affrontare tutto questo? Perché devo perdere le persone che amo, fare delle scelte così difficili?"
Joanne sospirò, stringendo le sue mani. "Perché sei una luce nel buio, Hermione, e il mondo ha bisogno di persone come te. Persone disposte a fare scelte difficili, a sacrificarsi per gli altri, anche quando non è giusto, anche quando fa male. E alla fine, sarai più forte, più completa."
Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime. Non si era mai concessa di crollare, non davanti a Harry, nemmeno davanti a Ron. Ma ora, davanti a quella figura materna, si sentiva libera di essere vulnerabile.
"Grazie," sussurrò, stringendole la mano. "Grazie per avermi creata così. Ora so che posso farcela."
Joanne sorrise di nuovo. "E io so che sarai capace di tutto. Ora, però, devi tornare da Harry. Ha bisogno di te più di quanto immagini."
Hermione annuì, sapendo che quell’incontro le aveva donato una nuova forza. Si alzò e, con un ultimo sguardo grato, attraversò di nuovo il portale, tornando al ruscello. Quando si voltò, la luce era scomparsa, ma dentro di sé sentiva una calma che non aveva mai provato prima. Ora sapeva che non era sola, che aveva una guida invisibile, una parte di sé che l’avrebbe sempre sostenuta.
Quella notte, tornata alla tenda, Hermione si addormentò con il cuore sereno. Sapeva che nessuno avrebbe mai creduto alla sua esperienza e che forse non avrebbe mai raccontato a nessuno di quel magico incontro. Ma portava dentro di sé il ricordo di una donna che l’aveva amata come una madre, una donna che le aveva dato coraggio e forza nei momenti più oscuri.
E così, pur senza dirlo a nessuno, Hermione tenne quel ricordo stretto al cuore, come un segreto prezioso, una promessa sussurrata tra due anime affini. Perché, in fondo, Hermione sapeva che non era sola: c’era qualcuno, là fuori, che aveva sempre creduto in lei. E tanto le bastava.
Era una sera tranquilla a Edimburgo, e Joanne era seduta alla scrivania, immersa nel settimo libro di Harry Potter. La storia era quasi al culmine, e la responsabilità di dare a ogni personaggio il finale che meritava si faceva sentire. Ma nonostante tutti gli anni dedicati a costruire il mondo di Hogwarts, c’era qualcosa che ancora la tratteneva: Hermione. Come poteva scrivere un finale degno per lei, che non fosse soltanto di supporto agli altri, ma che rappresentasse la sua forza unica e la sua crescita?
Joanne si massaggiò le tempie, cercando di trovare un modo per rendere giustizia a Hermione senza farla apparire solo come la compagna di Harry e Ron, ma come un’eroina indipendente e capace. Mentre rifletteva su come dare voce a quel personaggio così importante, una strana luce apparve nella stanza, illuminandola con una sfumatura dorata e morbida, come un incantesimo appena lanciato.
Si alzò lentamente, incerta su cosa stesse accadendo. La luce sembrava prendere vita, danzando intorno a lei finché, all’improvviso, uno spiraglio si aprì nell’aria, come un portale verso un’altra dimensione. Senza esitazione, seguendo una spinta interna che non riusciva a spiegare, lo attraversò.
Dall’altra parte, si ritrovò in una radura silenziosa, vicino a un ruscello. In mezzo alla quiete del luogo, c’era una figura conosciuta, seduta su una roccia vicino all’acqua: una ragazza dai capelli folti e un’espressione concentrata, che Joanne riconobbe all’istante. Era Hermione, in carne e ossa.
“Non posso crederci…” sussurrò Joanne, avvicinandosi alla ragazza.
Hermione si voltò, guardandola con uno sguardo attento, come se l’avesse aspettata. Poi, con un sorriso gentile, annuì, quasi fosse del tutto naturale quell’incontro. “Tu sei… tu sei colei che ha scritto di noi,” disse piano, con la sua tipica lucidità. “Sei tu quella che ha creato la mia storia.”
La scrittrice annuì, sorpresa e commossa. “Sì, Hermione. Ti conosco da sempre, eppure ora mi sembra di vederti per la prima volta. Sei reale, qui davanti a me, come se il confine tra immaginazione e realtà si fosse dissolto.”
Hermione abbassò lo sguardo per un momento, come per raccogliere le parole. “A volte ho avuto la sensazione che ci fosse qualcuno che vegliava su di me, che mi guidava. E ora capisco. Ho sempre voluto sapere perché mi hai creata, cosa ti ha spinto a farmi così… così diversa dagli altri.”
Joanne si avvicinò, sedendosi accanto a lei sulla roccia. “Hermione, tu sei nata dalla mia idea di intelligenza e coraggio. Volevo che fossi forte, ma anche vulnerabile, perché sapevo che è proprio nella vulnerabilità che troviamo il nostro vero valore. Sei una parte di me, eppure sei anche la parte migliore di me. A volte, scrivere di te mi ha dato la forza di superare le mie insicurezze.”
Hermione la guardò intensamente, cercando di capire le sue parole. “Ma perché sono qui adesso? Perché ci siamo incontrate in questo momento?”
Joanne sospirò, confessando ciò che le pesava sul cuore. “Perché sono a corto d’idee. Voglio raccontare il tuo ruolo nell’ultima parte della storia, ma non trovo la strada giusta. È come se mi mancasse un pezzo importante di te. Non voglio che tu sia soltanto una figura di contorno, Hermione. Sei troppo importante per rimanere sullo sfondo.”
Hermione sorrise, comprensiva. “Forse posso aiutarti, allora. Non come personaggio, ma come… amica.” Poi aggiunse, con un tono pensieroso, “A volte mi sento sola, come se portassi un peso che non posso condividere con nessuno. So di essere parte di un trio, ma spesso mi sembra di essere solo un supporto, come se non potessi esprimere tutta me stessa.”
Joanne annuì, riconoscendo le stesse sensazioni che l’avevano turbata. “È esattamente questo che cercavo di capire, Hermione. Voglio che tu possa avere una tua identità, una tua forza personale, che non dipenda solo da Harry o da Ron.”
Con un sorriso incoraggiante, Hermione le posò una mano sulla spalla. “Allora, racconta chi sono davvero. Mostra la mia determinazione, la mia voglia di combattere per chi amo, anche se a volte mi sento insicura. Racconta come l’amicizia, per me, sia un valore inestimabile, perché ho imparato ad apprezzare la compagnia dopo essere stata tanto sola. E lascia che io sbagli, che mi senta vulnerabile, ma anche che trovi sempre la forza di rialzarmi.”
Joanne la guardò con occhi lucidi, sentendo che quelle parole la colpivano nel profondo. “Grazie, Hermione. Non avrei mai pensato che saresti stata tu ad aiutarmi a completare il tuo stesso racconto. Ora capisco meglio il coraggio che hai sempre dimostrato, il coraggio che mi ha ispirato a scriverti.”
Hermione le sorrise, come si farebbe a una cara amica. “Siamo connesse, non è vero? Io esisto grazie a te, e tu hai trovato una parte di te stessa grazie a me.”
In quel momento, la luce iniziò a cambiare, come se il tempo per loro stesse per terminare. Hermione guardò verso il portale che si stava aprendo di nuovo, un varco che avrebbe riportato Joanne nel suo mondo. Le prese la mano per un ultimo saluto.
“Ricorderò sempre questo momento,” sussurrò Hermione. “E, anche se la storia giungerà a una conclusione, il legame tra noi non si spezzerà mai.”
Joanne le strinse la mano, emozionata e grata. “Nemmeno io dimenticherò, Hermione. E ti prometto che sarai sempre te stessa, fino all’ultimo rigo.”
Poi, con un ultimo sorriso, Joenne attraversò il portale, scomparendo come un’ombra luminosa che si fonde con la notte.
Quando si ritrovò alla scrivania, il bagliore era svanito, e tutto sembrava normale, come se nulla fosse accaduto. Ma lei sapeva che non era stato solo un sogno. Aveva davvero incontrato Hermione, e quella conversazione avrebbe guidato la sua scrittura fino alla fine.
Con nuova ispirazione e una rinnovata forza interiore, Joanne tornò al manoscritto, consapevole che Hermione era con lei, nelle parole e nei pensieri. E, per tutto il resto della sua vita, conservò nel cuore quel segreto, sapendo che anche la magia della scrittura poteva creare legami eterni.