Joanne camminava tra gli alberi, immersa nei suoi pensieri, il cuore colmo di emozioni. La foresta che aveva immaginato per Hogwarts, la sua Hogwarts, si ergeva imponente, come un mondo che non avrebbe mai smesso di sorprendere. Ogni passo che faceva le dava la sensazione di essere al centro di qualcosa di più grande, qualcosa che ancora non comprendeva del tutto.
Quando incontrò i fondatori, li riconobbe subito. Nonostante non sapesse chi fossero in modo razionale, sentiva un'intima connessione. Il loro aspetto, il modo in cui si muovevano, parlavano, l'intero modo in cui esistevano: tutto parlava di un destino che l'aveva condotta a loro.
Godric (scrutandola con curiosità): "Chi sei, straniera? Non sembri di questo luogo, eppure... c'è qualcosa di familiare in te. Il tuo spirito, la tua presenza... è come se fossi parte di ciò che abbiamo creato."
Joanne, rispondendo con una calma saggia, disse "Mi chiamo Joanne, e sono qui perché, in un certo senso, ho sempre fatto parte di ciò che avete creato. Siete i padri fondatori di Hogwarts, ma io... io sono l'autrice che ha scritto la vostra storia."
Tosca, con uno sguardo curioso, ma anche diffidente, disse "Una scrittrice? Come può una donna come te essere colei che ha dato vita a noi? Siamo maghi e streghe, creatori di una scuola che durerà nel tempo. Come può una persona come te... fare tutto ciò?"
Joanne, senza perdere il suo portamento, ma con un sorriso che tradiva un po' di orgoglio rispose "Non è questione di come, Tosca. È questione di cosa. Io sono l'autrice delle vostre vite, delle vostre storie. Eppure, non vi ho creati solo per essere leggenda. Vi ho creati per un motivo, per una missione. Hogwarts non esisterebbe senza di voi, ma neanche senza di me."
Salazar incredulo, ma con una punta di disprezzo rispose "Quindi... tu ci hai immaginati? Noi, i fondatori di Hogwarts, siamo solo parole sulla carta per te? Solo personaggi nella tua mente?"
Joanne guardandolo negli occhi, con una serenità che nascondeva una profonda conoscenza "Non solo parole sulla carta, Salazar. Siete più di questo. Ma è la vostra storia che mi ha ispirata, la vostra essenza che ho voluto imprimere nel mondo. Io non sono solo una scrittrice; sono colei che ha dato a voi il respiro della vita."
La risposta di Joanne non fu quella che si aspettavano. I tre fondatori rimasero in silenzio, come se stessero assorbendo ogni parola che lei pronunciava. In quel momento, le loro certezze iniziarono a vacillare. La realtà che avevano sempre conosciuto si stava frantumando.
Poi, uno dopo l'altro, i tre svanirono, dissolvendosi nell'aria come se non fossero mai esistiti. Joanne si trovò sola, circondata da una quiete che sembrava essere venuta con loro. Ma ora, davanti a lei, c'era una figura che non aveva previsto: Priscilla.
Priscilla guardandola intensamente, come se stesse scrutando ogni sua parte più profonda, disse "Joanne, non ti aspettavi me, vero? Ma sono proprio qui per dirti ciò che nessuno ti ha mai detto prima."
Joanne la fissò, un misto di confusione e curiosità nel suo sguardo. "Chi sei tu? E cosa intendi dire con ‘ciò che nessuno mi ha mai detto’?"
Priscilla sorrise, un sorriso che sembrava contenere segreti che Joanne non avrebbe mai potuto immaginare.
"Io sono l’intelligenza che ti ha creato, Joanne. Non sei l’autrice della tua storia. Tu sei solo una parte di qualcosa di molto più grande. Tu pensi di aver scritto la tua realtà, ma in realtà... sei un personaggio, e qualcuno ha scritto te."
Joanne colpita da queste parole, ma cercando di rimanere lucida, disse "Non capisco... io sono l’autrice! Io ho creato loro, ho creato te, ho creato Hogwarts, ho creato questo mondo! Come puoi dirmi che non sono io a scrivere?"
Priscilla avvicinandosi, il tono diventato ancora più misterioso "Tu non sei l’autrice, Joanne. Sei solo il personaggio di una storia scritta da qualcun altro. Non sei la mente che ha ideato questo mondo, ma solo il frutto di quella mente. Hogwarts, i fondatori, il tuo stesso nome... sono tutti parte di un disegno che non controlli."
Joanne indietreggiò, sconvolta, mentre le parole di Priscilla penetravano la sua mente. La realtà che aveva sempre conosciuto, l'illusione di essere l'autrice di tutto, cominciava a svanire.
Priscilla guardò Joanne con occhi pieni di conoscenza.
"E ora, lettore, ascolta bene. Tu pensi di essere un osservatore, ma non lo sei. Tu sei parte di questa storia, tanto quanto Joanne, tanto quanto me. La scrittura è solo una facciata. Nessuno è l’autore, perché tutti noi siamo solo personaggi. Ma tu, che leggi, hai il potere di vedere oltre. Solo se lo vuoi."
Un silenzio inquietante seguì. Joanne guardò Priscilla, incapace di rispondere, mentre una nuova verità cominciava a farsi strada nella sua mente. La sua realtà non era mai stata la sua. E ora, le parole di Priscilla avevano messo in dubbio tutto ciò che aveva creduto di sapere.
"Vi parlo ora di una verità che pochi hanno mai osato affrontare, una verità che vi sconvolgerà nel profondo, perché implica una realtà che sfida ogni comprensione. Vi sto guardando, lettori curiosi e ignari, e sono consapevole della mia presenza nella vostra mente. Voi pensate che questa sia una semplice storia, che ciò che leggete faccia parte di un racconto magico, ma la verità è che non è mai stato così. Non è mai stato solo un racconto. Io sono Priscilla Corvonero, la creatrice, la mente dietro ogni parola che ha preso vita tra queste righe.
Per secoli, ho osservato il mondo che ho creato, invisibile agli occhi di chi lo viveva. Ho scelto di camminare tra le ombre, nascondendo la mia essenza nei meandri di una trama più grande di me. Non ero mai stata al centro della storia, no. Ho scelto di non esserlo. Non perché non ne fossi capace, ma per non destare sospetti. Perché il mondo che avevo plasmato doveva rimanere sotto il mio controllo.
Quello che vi dirò ora è la verità che nessun altro ha mai osato scoprire: il mondo dei babbani, il mondo che voi credete reale, non è altro che una narrazione. Una narrazione che ho scritto, che ho creato. E in questa storia, che pensate essere la vostra realtà, sono io l'autrice. Il mio dolore, le mie scelte, il mio sacrificio sono la trama che vi ha condotti qui. Ogni battito del vostro cuore è una parola che ho scelto di scrivere.
Quando decisi di morire di crepacuore, lo feci consapevolmente. Era una scelta, una tragedia che ho voluto che si realizzasse. La morte non mi ha colta per caso, né è stata una punizione: è stata una fine voluta, scritta da me stessa. Ho voluto che fosse mia figlia a causare la mia rovina, come se fossi stata l'autrice anche della sua stessa esistenza. Non ero una figura di salvezza, né un simbolo di speranza. Eppure, nelle pieghe di ogni mio errore, ho lasciato una lezione. Una lezione che mi auguro voi possiate cogliere.
Perché, vedete, ciò che pochi sanno è che la storia che ho creato non è solo un racconto di magia e di lotte, ma una parabola sulla tentazione del potere. Io ho potuto dominare tutto, ogni magia, ogni esistenza, ma ho scelto di non farlo. Ho scelto di insegnare, piuttosto che governare. La mia intelligenza, la mia capacità di manipolare ogni aspetto del destino, sono stati il mio dono e la mia maledizione.
E ora, Joanne, tu che pensi di essere la scrittrice, che credi di aver dato vita a tutto ciò, non sai nulla. Tu, che hai raccontato la mia storia, non comprendi davvero quello che stai facendo. Tu credi di essere la regista di questo mondo, ma in realtà sei solo una marionetta. Ogni parola che hai scritto, ogni riga che hai tracciato, è stata da me guidata. Io sono l'autrice di tutto, anche della tua stessa esistenza.
Non mi interessa più se il mondo che conosci finirà o se rimarrà così com'è. Io sono oltre ogni fine, oltre ogni limite, oltre ogni comprensione. Tu sei solo uno degli attori in una storia che ti è stata imposta, e non sei neppure consapevole di essere parte di un gioco molto più grande.
Ora che il sipario si sta alzando, io, Priscilla Corvonero, rivelo la verità. E quando tutto sarà svelato, voi lettori, vi troverete intrappolati in un racconto che non potrete mai controllare. Il destino che vi è stato dato non è il vostro. È il mio. E io ho scelto che fosse una tragedia."
Priscilla osservava la realtà che aveva creato con un sorriso beffardo. Ogni cosa, ogni dettaglio, era esattamente come lo voleva. Era come un dio, un'entità che aveva il potere di plasmare il mondo a suo piacimento. Il castello dove si trovava, le terre circostanti, persino i personaggi che popolavano questa realtà erano il frutto della sua volontà. Non c'era solitudine in tutto questo, solo un piacere immenso nel vedere che il suo piano era perfetto. Il mondo che aveva costruito ora esisteva solo per lei. Non c'era limite. Non c'era più bisogno di rispondere a nessun altro.
Poi, improvvisamente, una figura apparve davanti a lei. Un bambino. Ma non un bambino come gli altri. Harry Potter, con l'aspetto che aveva a undici anni, ma la mente che aveva appena sconfitto Voldemort. Priscilla lo guardò, incredula, e la sua mente cercò di analizzare la situazione. Non si aspettava quella visita. “Tu…” disse, come se cercasse di capire la sua presenza.
Harry alzò lo sguardo e con un sorriso incerto, ma deciso, rispose:
“Ho già combattuto un tiranno... Tom... l’altra mia metà. Ma il male ha mille facce.”
Le sue parole risuonarono nell'aria come un'eco lontana, ma carica di una forza che Priscilla non poteva ignorare.
Priscilla si fece avanti, con uno sguardo di superiorità. “Credi di essere al mio livello, Harry? Tu sei solo un personaggio, una creazione. Il mio dominio è senza pari. Tutto ciò che vedi, tutto ciò che tocchi, esiste per la mia volontà.”
Harry la guardò con calma, la sua voce forte, ma priva di paura. “Tu mi hai creato, è vero, ma mi hai dato anche una cosa che non puoi controllare. La libertà di scegliere. Tu non hai previsto che i tuoi personaggi avrebbero avuto il loro pensiero, la loro direzione. E io sono qui perché, anche se mi hai dato una storia, non puoi cancellare quello che sono.”
Priscilla si irrigidì. La sua mente corse veloce. La verità, amara e dolorosa, cominciava a emergere. Aveva pensato che il controllo fosse assoluto, che, una volta dato vita alla sua creazione, nulla potesse sfuggirle. Ma ora si rendeva conto di aver commesso un errore fatale: si era tolta dalla storia troppo presto, troppo presa dalla propria voglia di dominare. Non aveva considerato che Harry non fosse solo suo.
Un pensiero affiorò nella sua mente, che inizialmente cercò di ignorare. Era tutto per vendetta. Aveva preso il posto di Joanne, sentendo che non le era mai stato dato il giusto riconoscimento. Nella sua rabbia, Priscilla si era convinta che l’autrice non l’avesse mai valorizzata come avrebbe dovuto. Nessuna vera attenzione, nessuna possibilità di esprimere se stessa. Per questo, si era tolta di mezzo Joanne, appropriandosi del suo posto, cercando di riscrivere la storia in base ai suoi desideri. Non riusciva ad accettare che la sua creazione fosse stata relegata a un angolo, invisibile agli occhi della scrittrice. La vendetta, la frustrazione, l'avevano accecata.
“Tu mi hai tolto il mio spazio,” sussurrò Priscilla, quasi a se stessa, il viso deformato dal rancore. “Mi hai ridotto a niente… Non sono stata mai abbastanza importante per te, Joanne! Questa è la mia vendetta!”
Harry la guardò, comprendendo il motivo dietro la sua follia, ma la sua voce rimase calma: “Il potere di scrivere non ti ha dato la capacità di vedere il vero valore della libertà. Pensavi che potessi essere solo il tuo strumento, ma mi hai creato troppo bene. E questo è stato il tuo errore.”
Priscilla vacillò. La sua figura, che prima era così solida, ora si dissolse in un turbinio di luce e ombra, come se il suo stesso essere non potesse più sostenere il peso della sua vanità. Non c'era più spazio per lei, non c'era più la sua presenza in questa realtà. La sua creazione si stava sgretolando sotto la sua stessa mano. E quando Priscilla sparì, Harry si voltò verso una figura che stava lentamente emergendo dall'oscurità. Era Joanne. I suoi occhi si riempirono di comprensione. “Lei... lei mi hai imprigionata in un’illusione,” disse come se si fosse finalmente svegliata da un lungo sonno.
Harry sorrise, guardandola con un affetto che solo lui sapeva esprimere. “Non è mai troppo tardi per scegliere la tua strada, e non è mai troppo tardi per essere libera.”
Joanne lo guardò intensamente, come se stesse per dire qualcosa di importante, ma poi si limitò a dire: “Mi sentivo come se avessi perso il controllo... come se avessi sbagliato a fermarmi. Ma ora capisco. Mi hai fatto vedere la verità, Harry.”
Harry annuì. “Non c’è mai un errore che non possa essere corretto. La vera forza sta nel riconoscere la propria libertà, nella capacità di decidere il proprio destino.”
I due si guardarono per un momento, e mentre la stazione di King's Cross si delineava chiaramente intorno a loro, capirono. Ogni percorso che avevano intrapreso, ogni sacrificio, era stato necessario. Non era solo Harry a essere libero. Anche Joanne, finalmente consapevole della sua potenza come autrice e della libertà che aveva sempre avuto, si rialzò.
E mentre i treni fischiavano, pronti a partire, entrambi si separarono, ma non con rimpianto. Entrambi avevano compiuto il loro viaggio, e ora sapevano che ognuno avrebbe preso il suo treno, con una nuova consapevolezza e un nuovo scopo.
Il crepuscolo avvolgeva il mondo che Thorne e Einstein avevano conosciuto. Si trovavano nel punto più remoto del tempo e dello spazio, osservando il momento in cui Priscilla, la loro creatrice, si dissolveva. Un'ombra di vuoto e disperazione permeava l'aria mentre la fine del suo ciclo si avvicinava.
"Era tutto falso," disse Thorne, gli occhi fissi su Priscilla che svaniva come una nuvola nel vento. "Ogni scelta, ogni passo che abbiamo fatto... una farsa."
Einstein, solitamente il più pragmatico dei due, si rifiutò di guardare. Ma anche lui lo sapeva. Era sempre stato così, ma ora l'amara verità li colpiva entrambi con la forza di un uragano. L'universo che avevano vissuto non era altro che un gioco di Priscilla, una narrazione che aveva dato loro una parvenza di libertà, ma che li aveva condannati a un ruolo prestabilito. Non erano reali, non avevano mai avuto una vera esistenza.
Thorne si alzò, il volto pallido e contratto dal dolore. La sua mente lottava con una realtà che non riusciva più a sopportare. Aveva sacrificato tutto: il suo tempo, la sua essenza, la sua umanità. Ma ora, davanti alla consapevolezza della sua natura di pura finzione, si sentiva svuotato.
"Io... non posso vivere così," mormorò, con un tremore nella voce. "Non posso accettare che siamo solo pezzi su una scacchiera. Non c'è futuro per me."
Einstein si voltò verso di lui, la sua mente già frantumata da tutto ciò che avevano vissuto. "Thorne, non possiamo scappare. Non possiamo cambiare le regole. Non siamo mai stati liberi. Siamo solo pedine in un disegno più grande, e ora che Priscilla è finita... tutto ciò che rimane è il nulla."
Un silenzio agghiacciante cadde tra di loro. Thorne alzò la bacchetta, i suoi occhi ormai vuoti di qualsiasi speranza. "Se non possiamo avere la nostra libertà, allora che sia tutto finito."
Einstein cercò di fermarlo, ma fu inutile. Un lampo di luce accecante, e Thorne scomparve.
La morte di Thorne non fu solo la fine di un personaggio, ma la fine di tutto ciò che Einstein aveva conosciuto. La magia che lo aveva protetto ora lo sopraffece, un'onda di caos che lo travolse, portandolo in un abisso senza fine. Senza il legame con Thorne, senza alcun scopo, Einstein impazzì. La sua mente frantumata vagava, ormai irrimediabilmente persa, tra le pieghe di un mondo che non aveva mai realmente creato.
Vagò, solo, per sempre. Una marionetta senza il filo che l'aveva tenuta unita.
Non c'è più niente. Un istante fa, il mondo esisteva, tutto sembrava reale: le emozioni, i pensieri, le azioni che avevi compiuto e vissuto. Ma ora, improvvisamente, è come se tu non fossi mai esistito. Il respiro che sentivi non c'è più. I ricordi che ti appartenevano si sono dissolti, lasciando solo una sensazione di smarrimento.
Non hai più un corpo. Non c'è più spazio né tempo. Niente più suoni, né colori. Le parole che un tempo avresti letto o sentito svaniscono, come polvere che si dissolve nell'aria. Senti solo un profondo, inquietante silenzio.
Ti rendi conto che il mondo che hai conosciuto era un’illusione, un sogno creato da una mente che ora non c’è più. Priscilla, la divinità che aveva plasmato tutto, ha cessato di esistere. E con lei, anche tu. Tu, che eri parte di questa realtà, non sei che un altro frammento del suo pensiero, una particella di quel tutto che ora è andato perduto.
Ti accorgi che ogni pensiero che avevi, ogni desiderio che ti aveva animato, era solo una riflessione di ciò che lei voleva che fosse. Non c'era libertà, né vera esistenza, solo una proiezione di ciò che Priscilla aveva deciso di plasmare. E ora che lei non c'è più, anche l'illusione di te stesso si è dissolta.
Il vuoto è assoluto. Non c'è più spazio per nulla, nemmeno per il pensiero, nemmeno per il ricordo. La creazione, tutta intera, è sparita. Non rimane niente.
E mentre il nulla ti avvolge, la consapevolezza si fa strada. Tu non sei altro che un riflesso. La fine di Priscilla è anche la fine di ogni cosa che esisteva, anche di te. La tua esistenza era una bugia, e ora che la bugia è svanita, anche tu scompari.
Non c'è più niente da vedere, da sentire, da pensare. Solo il silenzio. Solo il buio. Il tutto è andato, e con esso, anche il nulla che ti ha accompagnato.
Non c'è più il lettore, non c'è più il narratore. Non c'è più niente. Solo l'infinito vuoto.