Era un pomeriggio silenzioso nella casa di Joanne, la sua penna appoggiata sulla scrivania, il suo sguardo perso nel vuoto, immerso nei pensieri che la tormentavano da tempo. La visione di Voldemort, ora lontana eppure mai veramente dimenticata, non l'aveva mai completamente abbandonata. La sua mente era sempre occupata da quella figura oscura, da quel desiderio di potere che aveva definito la sua intera esistenza.
Poi, all’improvviso, la stanza si oscurò. Il freddo si fece più intenso, e un’ombra minacciosa riempì lo spazio. Voldemort apparve davanti a lei, come una visione distorta del suo stesso spirito. I suoi occhi rossi brillavano di un odio che non si era mai sopito, ma c’era qualcosa di diverso ora. Il suo corpo era privo di vita, eppure la sua presenza non si era mai fatta sentire così forte.
Joanne alzò lo sguardo, senza paura, ma con una tristezza che l'aveva accompagnata per anni. "Pensavi di avermi visto per l'ultima volta?" chiese Voldemort, la sua voce fredda e implacabile.
"No," rispose lei, senza esitazione. "So che ti avrei incontrato di nuovo. Prima o poi, sarebbe successo."
Voldemort non rispose subito, ma osservò la scrittrice con uno sguardo che non nascondeva la sua arroganza. "Tu pensi di essere libera, ma non lo sei," disse. "Il mio potere è eterno, non è mai finito davvero. Sono destinato a tornare."
Joanne scosse la testa, un sorriso mesto apparve sul suo volto. "Non sei eterno, Tom. La tua morte è solo l’inizio della tua vera condanna."
Voldemort si avvicinò, la sua figura tremante di furia. "Io non sono mai stato sconfitto. Il mondo ha bisogno di me, lo sai. E tu, con i tuoi scritti, hai solo alimentato l'illusione che il bene prevalga."
"Il bene prevale, Tom," rispose Joanne, il suo tono fermo. "Ma non come pensi. Non è la tua visione di potere che guida il mondo. Tu sei solo un'ombra della paura, un’incarnazione di ciò che il mondo ha superato. E ora, la tua fine è completa."
Voldemort, in preda alla furia, cercò di scatenare la sua magia, ma nulla accadde. La scrittrice lo osservò, sapendo che lui era intrappolato nella sua stessa illusione. L’illusione di un potere che non aveva mai avuto, che non sarebbe mai esistito fuori dalla sua mente contorta. La sua fine non sarebbe mai arrivata come l’aveva immaginata, con il trionfo di una forza superiore a lui, ma in un angolo oscuro dove la sua arroganza sarebbe stata il suo unico compagno.
"Non mi importa di essere dimenticato," disse Voldemort, la sua voce più debole, ma ancora pregna di rabbia. "Ciò che importa è che tu e tutti coloro che mi hanno combattuto sappiate una cosa: non avete vinto. La mia presenza persisterà."
"Resterai intrappolato nel nulla," rispose Joanne, il suo tono finalmente calmo. "La tua mente sarà la tua prigione, per sempre."
Voldemort fece un passo indietro, ma il suo sguardo non si staccò da lei. "E tu," disse, con un sorriso maligno. "Sei solo una donna che ha scritto storie. Ma alla fine, nessuno ricorderà il tuo nome. Sarò io a vivere nella memoria."
Joanne non rispose. C'era una calma infinita in lei ora, una serenità che non aveva mai provato prima. Guardò Voldemort, ormai solo una figura priva di potere, e sapeva che, sebbene lui fosse morto, la sua condanna sarebbe stata peggiore di qualsiasi morte. L’illusione del potere che aveva cercato di costruire si sarebbe disintegrata nel nulla, perché nessun uomo può dominare la morte.
Poi, con un ultimo sguardo, Voldemort svanì nel buio.
Joanne si appoggiò sulla scrivania, chiudendo gli occhi per un momento, esausta ma serena. Il peso che aveva portato per anni finalmente si stava dissolvendo, come la nebbia al mattino. Non aveva più paura di lui. Aveva scritto la sua fine, e ora poteva finalmente riposare.
La sua penna, per la prima volta in molti anni, rimase immobile. Ma la consapevolezza che la sua opera era finita, che le sue storie erano complete, la riempì di una pace che non avrebbe mai sperato di trovare.
Voldemort sarebbe stato dimenticato, intrappolato per sempre nella sua illusione di potere. E lei, la scrittrice che lo aveva creato, sarebbe rimasta viva nei cuori di chi avesse amato le sue storie. E questo, per lei, era tutto.
Era una giornata tranquilla, e il treno scivolava attraverso la campagna, con i paesaggi che cambiavano lentamente dietro il finestrino. Joanne era seduta in un vagone semivuoto, lo sguardo perso tra i riflessi delle gocce di pioggia sui vetri. La scrittura non era mai stata solo un lavoro per lei, ma una parte della sua vita, un viaggio che l'aveva portata in posti che non avrebbe mai immaginato. Ora, seduta in quel treno, il mondo sembrava sospeso tra passato e presente.
Poi, la porta del vagone si aprì e una figura familiare si avvicinò: Harry Potter. Il giovane eroe che aveva scritto per anni, eppure, ora che lo vedeva in carne e ossa, era un uomo. La cicatrice che un tempo era il segno del suo tormento sembrava quasi sbiadita, come se quel dolore fosse stato finalmente esorcizzato.
Harry la guardò e, con un sorriso che parlava di tutto ciò che aveva attraversato, si sedette di fronte a lei. Non c'era più l'ansia del ragazzo che affrontava il suo destino, ma un uomo che aveva imparato a convivere con il proprio passato.
"Non pensavo che ci saremmo mai incontrati davvero," disse Joanne, cercando di spezzare il silenzio.
Harry sorrise debolmente. "Nemmeno io," rispose. "Mi sono sempre chiesto cosa avresti pensato di me. Quando ti ho incontrato nelle visioni, ho avuto l'impressione che mi guardassi come un personaggio che dovevi plasmare, ma ora... sei tu che sei diventata parte di me."
Joanne si sentì colpita dalla sua osservazione. "Non avevo mai pensato a me stessa così. Ma sì, forse è vero. Ho cercato di darti una forma, ma alla fine sei diventato più di quello che avevo immaginato."
Harry la guardò intensamente. "E tu, come ti senti? Hai mai pensato che la tua storia avrebbe avuto un impatto su tutti noi? Siamo diventati una parte del mondo, non solo dei libri."
Joanne sospirò, guardando fuori dal finestrino, dove la pioggia sembrava fermarsi. "Non credo che avessi in mente qualcosa di così grande quando ho scritto il primo libro. Ero solo una scrittrice che voleva raccontare una storia. Ma più andavo avanti, più capivo che non era solo una storia di magia. Era qualcosa di più. Forse... forse dovevo scrivere di te e della tua lotta per capire qualcosa di me stessa."
Harry annuì lentamente. "E ora che tutto è finito, ti sei mai chiesta come sarebbe stato se non avessi scritto la mia storia? Se non mi avessi dato una possibilità di vincere?"
Joanne lo guardò con una certa sorpresa. "A volte mi chiedo cosa sarebbe successo, ma non credo che avrei potuto scrivere la tua storia in un altro modo. Hai avuto bisogno di essere quel che sei. Ogni passo, ogni errore, ogni vittoria era necessario."
Harry sembrò riflettere per un momento. "E il mio futuro? Come lo vedi, adesso che Voldemort è morto? È strano. Per anni, pensavo che la mia vita fosse solo una battaglia contro il male. Ora, mi sembra che ci sia qualcosa di più che devo scoprire."
"Il futuro è sempre incerto," rispose Joanne, guardando Harry negli occhi. "Ma la bellezza di ogni storia, Harry, è che anche se sembra che ci sia una fine, non c'è mai una vera conclusione. Tu puoi scegliere cosa fare ora. Puoi costruire la tua vita come vuoi."
Harry sembrò sollevato, ma poi tornò a guardarla intensamente. "Ma tu... tu hai mai pensato che, alla fine, sarebbe stato troppo? Che avresti scritto la tua storia troppo grande per essere sopportata? Che avresti creato un mondo che ti sarebbe sfuggito di mano?"
Joanne sorrise debolmente. "Forse. Ma mi piace pensare che sia stato il contrario. Non sono mai stata completamente in controllo. E questo è il bello della scrittura, non è vero? Scrivere non è solo mettere parole su una pagina. È lasciare che la storia prenda vita. E, a volte, la storia ti insegna più di quanto avresti mai immaginato."
Harry si appoggiò allo schienale del sedile e guardò fuori dal finestrino. "Non credo che avrei mai capito tutto questo se non fossi passato attraverso la mia lotta. Non avrei mai capito cosa significa veramente scegliere la propria vita."
Joanne lo osservò, vedendo finalmente quel ragazzo che non aveva mai smesso di cercare un senso in tutto ciò che gli era accaduto. "E tu, Harry, hai scelto. Hai scelto ogni volta che hai affrontato una difficoltà. E questo è ciò che ti rende speciale. Non la tua capacità di vincere, ma la tua capacità di scegliere chi essere."
Un lungo silenzio scese tra di loro. Il treno continuava a viaggiare, portandoli lontano dal passato, ma anche verso un futuro che nessuno di loro avrebbe potuto prevedere. Harry non era più il ragazzo che aveva combattuto Voldemort, e Joanne non era più la scrittrice che aveva inventato quel ragazzo. Erano semplicemente due persone che si incontravano per condividere una verità che andava oltre i libri, oltre la magia.
"Grazie," disse Harry, dopo un momento, con voce più bassa. "Per avermi dato una possibilità di essere qualcosa di più."
Joanne gli sorrise. "No, Harry. È stato un onore aver potuto raccontare la tua storia. E sappi che, per quanto tu possa pensare di avermi dato tanto, in realtà sei stato tu a darmi tutto."
Il treno si allontanava verso l'orizzonte, e con esso, il passato. Ma in quel momento, entrambi sapevano che il futuro era una pagina ancora bianca, pronta per essere scritta.